ACEPHALIX, Deathless Master
Brutti, sporchi, cattivi, scarni, pesanti e pressanti. Mi vengono in mente questi aggettivi per abbozzare i suoni che i californiani Acephalix diffondono da un po’ di anni in qua, insieme a varie altre band dedite sia al recupero del death metal vecchia scuola, sia al suo “imbarbarimento” per contaminazione col crust punk.
Le etichette in generale credono in quest’impresa. Beh, ci credo anche io, come i molti che accorrono e si divertono ai concerti di chi suona in maniera simile agli Acephalix (ad esempio i Black Breath, visti cinque volte in due anni). Perciò, dopo il devastante debutto con Aporia del 2010 (su Prank) e dopo la demo collection di Interminable Night (su Agipunk), nella scorsa primavera la Southern Lord Recordings ha tenuto a battesimo l’album Deathless Master, il secondo della band. Cosa quasi ovvia, dato che Greg Anderson ha già arruolato gente dedita al crust metallico come Black Breath (appunto), All Pigs Must Die, Nails, Wolfbrigade, Trap Them…
Col nuovo album, però, gli Acephalix virano ulteriormente verso il death metal vecchia scuola più lugubre e si allontanano dall’originaria matrice crust punk, senza però dimenticarsi delle radici. Già alcuni brani dal suono asfittico e sismico di Interminable Night facevano presagire l’orientamento della band. In Deathless Master regna sovrano un death cupo e soffocante, degno di Incantation, primi Morbid Angel, Autopsy o Dismember, oppure di gruppi di adesso come Encoffination, Father Befouled, Disma o Coffins. Ci sono tutti gli ingredienti: riff portanti che suonano massicci, rallentati, quasi primitivi nella loro apparente semplicità, assoli di chitarra che sembrano rasoiate, la batteria da terremoto e l’incupimento delle già feroci parti vocali di Daniel Butler, i cui toni riescono ad abbassarsi fino quasi a un growl sordo e gorgogliato. La frenesia rabbiosa del crust punk e il piglio da Motörhead che caratterizzavano la produzione iniziale sono molto meno presenti in Deathless Master. Tuttavia le nuove composizioni degli Acephalix ancora posseggono una micidiale carica dinamica, che viene da accelerazioni groove ma soprattutto da rinfrescanti incursioni nei territori del crust/d-beat da parte della batteria travolgente di Dave Benson e dai macinatori di riff alla chitarra e al basso, Kyle Haus e Luca.
Degli otto brani che compongono l’album, il primo, “Bastard Self”, è veloce e suona molto “Trap Them” o “Black Breath”, specialmente nell’incipit. Già nel cuore di questa traccia, però, comincia ad emergere, come un cadavere gonfio d’acqua, il vero suono dei nuovi Acephalix, quello che poi viene sviluppato nel corpo di un album abbastanza corto. Trenta minuti d’incubo, raccontati da tracce pesanti come rulli compressori ma dirette come pugni in pancia. I brani non sono brevi come nel punk, ma sono compatti, con una durata compresa tra tre e quattro minuti, ad eccezione dell’ultima traccia, la bieca “The Hunger”, sei minuti di death metal leggermente più tecnico ma sempre greve come una scure. I brani centrali (“Tombs Of Our Fathers, “On Wings”, “Raw Life”…) sono particolarmente bui, quasi doom (“Tombs Of Our Fathers” specialmente) e marcano la definitiva, rapida discesa nell’inferno personale degli Acephalix. L’ascensore è, si diceva, death metal maligno e ipnotico, che suona sepolcrale per il downtuning estremo della chitarra ritmica e per il growl inumano di Daniel, ma che i cambi di tempo dell’aggiunta della “spezia” crust sanno rendere frenetico. “Blood Of Desire”, poi, è un bell’esempio della fluidità con cui la band riesce a passare da death metal a ritmi sincopati d-beat, e viceversa. Il risultato, qui forse ancora più che altrove, è un ritmo trascinante.
I riff saranno pure massicci e semplici, ma gli Acephalix sono bravi a combinarli, creando una ritmica ibrida che dà vita a un album possente, cattivo, dinamico e – perché no? – divertente. Deathless Master è tutto vecchia scuola, death metal contaminato da punk metallico ruvido e rabbioso in stile Cro-Mags e Doom. Il risultato è una goduria ed è, per me, più convincente di Carnal Law, demo interessante ma un po’ acerbo (forse a livello di produzione) dei Vastum, progetto “trve” death metal di tre dei componenti degli Acephalix. Non so quanto valga fare adesso un confronto con i Black Breath. Però, dato che entrambe le band sguazzano nel torbido degli stili ibridi, mi vien da dire che negli Acepahlix sento ancora, su disco, quella potenza primitiva e quella forza d’urto, quell’aggressività sonora quasi fisica e, soprattutto, quel senso di divertimento a suonare pesante e “di gusto”, insomma quello “smalto” che i Black Breath hanno un pochino perso, non dal vivo ma nell’ultimo lavoro in studio.
Tracklist01. Bastard Self
02. Deathless Master
03. Tombs Of Our Fathers
04. On Wings…
05. Raw Life
06. Blood Of Desire
07. In Arms Of Nothing
08. The Hunger