ABYSMAL GRIEF, Strange Rites Of Evil
Negli ultimi tempi sembra che si stia risvegliando l’interesse per il dark sound: se l’anno scorso abbiamo visto ritornare gli Epitaph (formazione veronese nata verso la fine degli anni Ottanta, con ex membri di Black Hole, Sacrilege e All Souls Day), questo 2015 lo ricorderemo anche per due album davvero notevoli come To Below And Beyond dei milanesi Black Oath e Strange Rites Of Evil degli Abysmal Grief.
La band genovese, ormai a un passo dal ventesimo anniversario, è forse al culmine della sua notorietà: dopo il recente tour europeo di grande successo (assieme alle Saturnine), ce ne sarà un altro nel 2016, che prevede anche una tappa al prestigiosissimo Roadburn, il festival olandese che, da sempre, è l’evento cardine per tutti gli amanti del genere. Questo quarto lavoro, uscito a due anni di distanza dal precedente Feretri, ribadisce un discorso musicale iniziato nel lontano 1996: un dark sound figlio della tradizione italiana, con forti contaminazioni provenienti dal metal più nero. Gli Abysmal Grief si sono sempre contraddistinti per un massiccio uso delle tastiere e dell’organo, che ricoprono una funzione principe nella loro musica, lasciando la chitarra in secondo piano, spesso quasi a confondersi col basso per via delle pesanti distorsioni, molto simili tra loro, operate dal gruppo su entrambi gli strumenti. A inizio carriera, quella che va dai primi demo all’omonimo debutto, preferivano uno stile più lento e decadente, una proposta marcatamente doom, ai limiti con il funeral. Questa tendenza – dall’ep The Samhain Feast – si è poi invertita, mostrando il lato più devoto ai Death SS, specialmente quelli del periodo con Paul Chain. In Strange Rites Of Evil, come dicevo, si continua in quest’ultima direzione stilistica, perché i brani sono più diretti e il songwriting è più maturo e variegato (il che non è qui sinonimo di evoluzione). La produzione è la migliore che abbiano mai avuto: il mix chitarre/synth è finalmente massiccio al punto giusto, mentre dal punto di vista squisitamente chitarristico troviamo un suono più personale e ricercato. Sono le tastiere a riflettere al meglio la componente cerimoniale e orrorifica, che emerge soprattutto in “Cemetary”, la cui atmosfera iniziale ricorda – come inevitabile – i Goblin più cupi e sperimentali di “Suspiria”. Il rituale raggiunge il suo massimo in “Nomen Omen”, “Radix Malorum”, nella title-track e nella riuscitissima cover dei Bedemon “Child Of Darkness”. I testi ripropongono le tematiche classiche del gruppo, incentrate sulla morte, sull’occultismo, sull’Aldilà e sulla ricerca di un contatto col mondo dei defunti, ma, rispetto ai dischi precedenti, non possiamo non notare un tono più accusatorio e dissacrante.
Strange Rites Of Evil è, senz’ombra di dubbio, un disco molto ben riuscito, che riconferma quanto gli Abysmal Grief del 2015 siano in ottima forma. Il fatto che siano riusciti a portare avanti nel corso degli anni un proprio discorso, in un clima generale non molto propenso ad accettare prodotti non conformi alle mode del momento, è molto encomiabile. Quest’album piacerà sia ai vecchi fan, sia a chi non ha mai avuto il modo e il tempo di approfondirli come si deve. La loro è una cerimonia che da vent’anni va avanti senza mai perdere lo smalto iniziale.
Tracklist
01. Nomen Omen
02. Strange Rites Of Evil
03. Cemetery
04. Child Of Darkness
05. Radix Malorum
06. Dressed In Black Cloaks