ABRONIA, Map Of Dawn
Chiamati alla prova del terzo disco, il secondo per Cardinal Fuzz, gli Abronia consegnano Map Of Dawn, che ricorda gli aridi paesaggi del deserto di Sonora. La band si dimostra più compatta che mai e rinforza le influenze psichedeliche con l’ingresso di Rick Pedrosa alla pedal steel, presenza obliqua in ognuno dei sette pezzi di Map Of Dawn, che mette in scena un rock desertico e a tratti teatrale, con rimandi a Jefferson Airplane e Doors, soprattutto per il carisma della cantante Keelin Mayers, che fa pensare alle protagoniste di un’epoca (Grace Slick, Renate Knaup…) oppure ad altre colleghe contemporanee come Meg Baird (Heron Oblivion) o Lavinia Blackwall (Trembling Bells), con le dovute differenze. Sì, perché in fondo l’interpretazione di Mayers non buca, e a ben guardare, gli Abronia propongono una formula che già era vecchia sessant’anni fa e che per di più non risulta particolarmente coinvolgente. Buona prova e tanta simpatia, ma si fa fatica a levare la testa ascoltando l’intreccio senza soluzione di continuità di pow-wow, pedal steel, ganci tex-mex, chitarre jangle e fiati ’60.