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ABORTED, Vault Of Horrors

In pista da più di trent’anni nel circuito del metal estremo mondiale, gli Aborted sono dei veterani che non si sono mai arenati su di un’etichetta stilistica. Sven de Caluwé e soci hanno attraversato spesso cambi di formazione, reinventandosi a ogni lavoro ma senza subire il contraccolpo di qualsiasi diaspora coi loro primissimi aficionados. Ci hanno abituato sin dalle pubblicazioni iniziali a una sorta di montagna russa. Per essere più accurati: a una macchina da guerra in continua evoluzione. Molti loro sono album sono veri e propri capisaldi del genere estremo: il monolitico brutal death degli esordi è diventato sempre più vorticoso death metal ipertecnico, con fughe atmosferiche e spezzoni orrorifici.

A distanza di tre anni da Maniacult, gli Aborted sono tornati lo scorso marzo con Vault Of Horrors, concept album ispirato al cinema horror degli anni Ottanta, dodicesimo atto della loro storia discografica, un cortometraggio di 10 tracce dove sonorizzano dieci film culto della tradizione horror sci-fi, per l’occasione accompagnati da dieci ospiti appartenenti al circuito estremo europeo. Quaranta minuti di assalti, riff incisivi e massicci, assoli melodici e iperdifficili, impreziositi da una voce arcigna e mefistofelica. Anticipato dalla vorace “Death Cult”, questo disco segna un ritorno alle dinamiche compositive di Retrogore, con un maggior lavoro sulla velocità e sull’architettare ritmi complessi. Il fan del metal estremo moderno questa volta riceve in regalo un incontro bilanciato e accattivante tra death virtuosistico, synth e una predilezione per episodi atmosferici e melodici. Il disco è come un solo schiaffo, grazie a materiale pieno di pathos come ad esempio l’apripista “Dreadbringer”, e scorre fluido e coeso come il sangue negli horror d’annata, con momenti in cui la band seppellisce ogni cosa che incontra (“Condemned To Rot”).

Tra le poche sicurezze in questo ambito, i dischi degli Aborted si potrebbero tranquillamente comprare a scatola chiusa, senza rischiare brutte sorprese.