AA.VV., Sound And Stone
Sound And Stone, compilation uscita lo scorso ottobre per l’etichetta Composer Built, rappresenta la fase finale di uno studio che il ricercatore inglese Steven M Halliday ha portato avanti, nel corso degli ultimi due anni, presso l’Università di Huddersfield. Tra i nove brani di questa raccolta fanno capolino alcuni tra i nomi più significativi dell’elettronica di questi tempi, alle prese con quella che, di fatto, è la preistoria della musica: più nel concreto, artisti del calibro di Paul Jebanasam, James Leyland Kirby (aka Caretaker) e Rutger Zuydervelt (meglio noto come Machinefabriek) rielaborano una serie di campioni audio estratti da una pietra (di granito) risonante progettata da Klaus Fessmann e sviluppata in collaborazione con Svaram, un’impresa che si occupa della produzione di strumenti musicali non tradizionali.
Non serve essere degli esperti di archeoacustica per riconoscere nel rapporto tra pietre e suono una storia lunga migliaia di anni. Come è stato dimostrato, già l’uomo primitivo del Paleolitico superiore manifestava una forma di interesse nei confronti delle risonanze acustiche delle caverne, mentre i primi litofoni rudimentali – denominazione generica utile a indicare qualsiasi strumento a percussione la cui sorgente sia una pietra – risalgono a circa 8000 anni fa. Dalle tribù africane alla Cina di Confucio le applicazioni della pietra in contesti musicali sono innumerevoli: è chiaro come le sue proprietà acustiche, ancora oggi, evochino atmosfere di altri tempi, di altri spazi e civiltà. Lo sapeva bene Pinuccio Sciola, lo scultore sardo scomparso nel 2016: per lui le rocce non sono state materiale inerte, rigido e negativo, ma contenitori di memorie addirittura geologiche, sedimentate per migliaia e migliaia di anni.
Se invece, tornando a noi, parliamo di produzioni discografiche che implementano pietre risonanti, un precedente da citare è The Music Of Stones (1989, ECM Records), in cui il musicista, cantante e compositore tedesco Stephan Micus adopera, tra le altre cose, la pietra risonante di Elmar Daucher, ossia lo scultore che, anticipando in parte Sciola, fu con ogni probabilità il vero pioniere nel campo in questione. Ebbene, la compilation Sound And Stone è l’esatto opposto di quel disco, che pare un viaggio olistico a base di meditazione, spiritualismo orientale e catarsi mistiche: basti dire che questi nove pezzi sembrano delle composizioni elettroniche di tutto punto e in gran parte lo sono davvero, dal momento che ognuno degli artisti ospitati (tra cui lo stesso Halliday) ha pesantemente rimaneggiato, rivisitato e aggiunto altro ai suoni della pietra di Fessmann. Solo in alcune, minime, frazioni la ascoltiamo più o meno nel vivo della sua essenza.
Incorniciano la raccolta due brani speculari, con gli impulsi intermittenti di Jasmine Guffond (in apertura) e (a chiudere) gli stridori che provengono dai moduli analogici di Yves De May, il quale ricava kick di spessore ma dai bpm in saliscendi, giungendo così a una disagevole sensazione di avviamento mancato, come di falso innesco. Altrove è tutto un susseguirsi di suoni che sanno di reparto industriale, di materiale marmoreo o di superfici levigate, tra segnali alieni indecifrabili, rumorismi e oscure parentesi elettroacustiche. Paul Jebanasam, al solito, nasconde un nucleo incandescente facendo sgorgare colate di magma. Farwarmth si muove tra panorami puliti, larghe vedute e sommovimenti tellurici. L’illusionista Tomonari Nozaki finge di ingigantire un bordone spurio mutilandolo sul più bello, mentre James Leyland Kirby, a seguire, resta concentrato sulle frequenze più sottili e acute di questo oggetto sonoro così estraneo alla musica (e a ogni concezione) di stampo occidentale.
Per chiudere, è il caso di chiamare nuovamente in causa Pinuccio Sciola, quando agli scettici della sua arte e della sua ricerca ricordava che tutta l’informazione messa in circolo oggi dai computer e dalle reti digitali, in fondo, viene custodita ed elaborata attraverso infinitesimali cristalli di silicio (fonte). Una citazione appropriata al contesto (generale, musicale, produttivo) di questa consigliata compilation.