AA.VV., Italian Thrash Annihilation
Una volta, parliamo del pre-internet, le compilation erano strumento privilegiato per far conoscere la propria musica ad un pubblico più vasto e per raggiungere quanti più ascoltatori possibili; permettevano di apparire a fianco di band già conosciute o con un seguito numeroso e, soprattutto, davano la possibilità di giungere alle orecchie di qualche discografico che riusciva così a vagliare un numero superiore di realtà tra cui scegliere e approfondire. Oggi, questa funzione è magari passata in secondo piano vista la possibilità di farsi ascoltare in rete, ma restano alcuni aspetti da non sottovalutare: riunire, accomunare per linguaggio utilizzato, affinità elettive e geografiche, fotografare lo stato di una scena, di una popolazione musicale. Questo è quello che succede con Italian Thrash Annihilation, edita dalla Planet K Records e volta a dar voce alle schiere di thrasher del Belpaese, si tratti di nomi storici o di nuove realtà in cerca di una propria posizione all’interno dello scacchiere.
Anche la scelta di varie sfumature, dal più classico thrash old-school fedele ai dettami dei maestri al crossover vecchia maniera o a proposte con una venatura moderna, per finire con sporcature hardcore punk o richiami a certo speed made in USA, dimostra la volontà di coprire un’area vasta e di non limitarsi all’ortodossia in senso stretto. La qualità, va precisato, si attesta su posizioni medio alte, con alcune eccellenze che svettano per personalità e capacità di far proprio il linguaggio d’adozione; nessun vero scivolone o quasi (al limite un po’ di immaturità e indecisione sulla via da scegliere).
Inutile far classifiche: molto dipende dai gusti personali e dalla propensione dell’ascoltatore a cercare la perfezione formale o al contrario la passione e la voglia di osare. Ciò che invece preme sottolineare è come questa raccolta scorra piacevolmente e dopo alcuni ascolti permetta senza troppa fatica di individuare i brani più vicini al proprio sentire per approfondire e andarsi a cercare le uscite in solitaria degli autori. Avevamo già trattato in modo esaustivo alcuni dei protagonisti (Methedrine, Ural, Tytus), altri no, ma sono gruppi che hanno saputo di farsi conoscere come i National Suicide, i Krangs, gli Engine Driven Cultivators, gli Injury o gli Asphaltator, infine non mancano neanche piacevoli sorprese tra i nomi meno noti, almeno al sottoscritto. Di fatto, colpisce in modo favorevole come le band abbiano saputo far propria la lezione e assimilato le basi della grammatica thrash per metabolizzarle e creare (o cercare di creare) una propria variazione sul tema. Non male e soprattutto l’ampia scelta permette di farsi una buona idea dell’attuale panorama nazionale, per cui se ne consiglia l’ascolto ai thrasher e ai simpatizzanti in genere.