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AA.VV., Il Calendisco

Il Calendisco

Delicatessen emiliano-romagnole.

Garrincha è un laboratorio artigianale dove ci si lambicca alla ricerca della formula del pop. Il Calendisco è una testimonianza di questa programmatica voglia di scoprire e far crescere talenti più o meno interessanti, che in alcuni casi si coverizzano a vicenda. Nel Dubbio, infatti, apre le danze con un affresco-riproposizione di un altro artista Garrincha (33 Ore), animato da tromba à la Lucio Dalla, col pianoforte quasi storto e voce declamatoria e solitaria. LE-LI è invece più elementare nella resa e si dimena abbastanza bene in un format però piuttosto caramelloso. Matteo Costa & Lucky Strikes sono leggeri e frizzanti, come un Cesare Cremonini meno spocchioso, pronto a tuffarsi nelle feste da studentato fighetto più in voga tra i “cinni” dell’Alma Mater. Lo Stato Sociale s’impegna nell’indolente hommage partigiano col testo politico di “Festa D’Aprile”. “Fiore Di Maggio” di Jocelyn Pulsar è estetica romagnola fino al midollo, inequivocabile l’accento e la sponda al Fabio Concato di “Domenica Bestiale”. I marchigiani Chewingum dal passo felpato hanno quello spleen che ti uccide in un attimo solo: fulminante bellezza ‘80. L’Orso fa il figlio illegittimo di Riccardo Del Turco: tipico rock da cameretta che però non conquista. Enrico Farnedi è il calore e quell’aria rarefatta e fresca che si respira al mare all’alba: scrittura onesta, voce teatrale il giusto, quasi vintage. Ci stuzzica. Mr. Brace è adolescenziale e cresciuto troppo in fretta, come un Tricarico dimesso (Sanremo, forse, dovrebbe fare a meno di inutili piccoli recinti e avere il coraggio di farsi un giro nella provincia, ne guadagnerebbe in qualità). 33 Ore è puro distillato post-rock come non se ne sentiva da tempo, coraggioso nel rimodulare il pezzo dei Massimo Volume, incedere convulso e voce evocativa: positivo. Babalot rimane fermo in un portico troppo stretto del centro medievale di Bologna, ipnotizzato dagli sguardi lanciati alle “sbarbine”; forse trarrebbe vantaggio da meno birre e kebab nella pancia e più Céline nel cervello. I Camillas sbancano con “Dicembre” dei Mr. Brace: come al solito notevole il loro pop bagnato nelle vasche fredde dello shoegaze. Una “chiusura d’anno” migliore non sarebbe potuta esserci: ventosi, malinconici e bui, promossi a pieni voti.

Garrincha è in crescita e questo è un disco che lo dimostra appieno, punto.