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AA.VV., Hands Of Doom, A Tribute To Black Sabbath

Hands Of Doom

Una dose di sano doom al giorno leva l’hipster di torno…

Quindi non si può che accogliere con piacere la palata di doom che viene dalla webzine italiana Mag-Music e in particolare dall’ultima uscita, in free download, della diramazione Mag-Music Productions: la nuova compilation Hands Of Doom, A Tribute To Black Sabbath.

Questa collezione include 13 cover di brani leggendari tratti dai primi album dei Black Sabbath ed eseguiti da gruppi italiani differenti nello stile e nelle esperienze. Questo è proprio uno di quegli aspetti che rendono di particolare interesse questa collezione di cover: lo spirito dei Black Sabbath è così universale che può esser coniugato e sviluppato da menti e attitudini distanti senza perdere forza espressiva e carica emotiva.

Si parte dal doom occulto per arrivare fino al prog-doom con Black Oath, L’Impero Delle Ombre e Confraternita Del Vuoto Immenso, ma si possono apprezzare anche varie sfumature e mescolanze di psichedelia, prog-rock, doom e post-metal grazie al contributo ed all’interpretazione di band come Buttered Bacon Biscuits, Misty Morning, Zippo, Vitales Exequiae e Quiet In The Cave. Non ci si fa mancare niente. Ci sono stoner psichedelico e hard rock “grasso”, rispettivamente da Sergeant Hamster e Witche’s Brew, c’è un po’ di heavy rock d’avanguardia con i Fuzz Orchestra e per l’occasione sono state perfino scomodate band pestone come Hopesend e Malanoctem, che interpretano i Black Sabbath secondo i loro stile thrash variamente eclettico. Non ultimi, i Viscera///, dediti a grind/sludgecore sperimentale e rumoroso.

Nonostante la proposta eterogenea, questa compilation è permeata dall’intensità che hanno e sanno esprimere i metallari e rockettari “trve”, consci delle radici della musica moderna pesante, a prescindere dal fatto che siano giovincelli o musicisti di una certa età. Quindi ci sarà sicuramente qualcuno che, come la sottoscritta, ascoltando questa collezione avrà dei ritorni di memoria, e sospiri annessi, rievocando il primo incontro, impatto o atto di contagio da parte dei mitici Black Sabbath, padri non solo del doom, ma di tutto il metal estremo che è venuto dopo di loro.

Questi ultimi concetti sono  espressi molto meglio da Stefano Cerati, il quale, oltre ad aver da poco pubblicato un bel libro sui testi dei Black Sabbath (Black Sabbath. Masters of Reality – Tsunami Edizioni, 2012), ha scritto la presentazione di questa raccolta-tributo:

Il contributo che i Black Sabbath hanno dato alla musica moderna è ben più ampio dell’avere creato un genere musicale, l’heavy metal, il che da solo sarebbe già titolo di merito grandissimo. La loro opera è un modello di stile, un archetipo di lavoro, una fusione irraggiungibile di stili, dal blues, al rock, al jazz per finire con le sperimentazioni psichedeliche e prog e l’inserimento di un’orchestra o dei sintetizzatori in una formula rock nuova. I Black Sabbath sono sempre stati avanti ai loro tempi ed hanno guardato con lucida follia al mondo reale per trasfigurarlo in modo esoterico e pauroso. E proprio in questo sta il loro approccio rivoluzionario e innovativo. Avere concepito la musica pop e rock non come un mezzo per rallegrare e confortare l’ascoltatore, ma per minacciarlo e spaventarlo. I lugubri rintocchi di campana e il tuono che aprono in modo inquietante Black Sabbath nel febbraio del 1970 ci dicono che gli anni ’60, gli anni della pace e dell’amore, del flower power e degli hippie, sono definitivamente finiti. È iniziata l’era dell’orrore, della paura della guerra fredda e del Vietnam, della bomba atomica e dell’eroina, tutti temi brillantemente esplorati nello stile surreale di Geezer Butler. Quindi la loro influenza non si è riverberata solo nell’aspetto musicale, ma anche nell’etica di quanti, migliaia dopo di loro, hanno voluto affrontare il lato oscuro della mente umana nella musica. E questo si è manifestato anche nella presentazione grafica, nei testi e nella coreografia degli show che sono diventati un punto di riferimento per tutte le band heavy. I Black Sabbath con Ozzy, quelli del primo periodo, 1969 – 1978, non hanno mai smesso di sperimentare fino all’ultimo cercando sempre di migliorarsi e di trovare nuove soluzioni musicali. Ed è questo il più grande insegnamento che hanno lasciato alle nuove generazioni: cercare sempre di sfidare i propri limiti e non avere paura di osare. Solo dalla personalità e dall’originalità arriva la vera arte.