AA.VV., Free Percussion
Il titolo di questa compilation è talmente didascalico da non lasciare adito a dubbi: qui si tratta di percussioni libere, primitive, astratte. Dietro al banco di produzione c’è una neonata tape label spagnola, la Tsss Tapes di proprietà del batterista italiano Francesco Covarino, classe 1979, che vive a Granada insegnando la sua lingua madre. Covarino ha chiamato in causa dodici batteristi di stampo free, più o meno radicali; per cui da brani che mantengono un approccio fieramente percussivo – quantunque improvvisato, spontaneo e senza compromessi – si passa a esplorazioni decisamente meno prevedibili, là dove lo strumento perde ogni memoria della sua originaria funzione ritmica.
Più nel concreto: se un Chris Dadge, tra movimenti fugaci e timbri legnosi, ci fa assaporare il suono pieno e profondo della cassa, un Ted Byrnes sguaina invece le lame e con vigore dirompente genera una massa rumorosa. Appena meno veemente è la mossa di Tim Daisy, che apre e chiude il suo brano con dei gong in punta di sospetto: una sensazione molto simile a quella provocata da Will Guthrie nel movimento successivo, una stanza piena di risonanze armoniche naturali. Con Skyler Rowe (il quale, curiosamente, sul finale fa emergere una parvenza di struttura) sono ancora esibizioni di rumore spontaneo, mentre lo stesso Francesco Covarino si muove quieto tra suoni acquatici e feedback ronzanti. Altrove è tutto uno sfrigolare di sonagli, di spazzole, di piatti e piattini depositati sui tamburi o colpiti con il mallet, di campanelli e campanacci, di oggetti inusuali e atti di sfregatura, come nella proposta di Kevin Corcoran, che, appunto sfregando, ottiene un bordone instabile pungolato da accenti squillanti.
Se vi interessa la prassi strumentale sviluppatasi in seno all’improvvisazione libera europea, quella, per intenderci, nata e cresciuta con i vari Paul Lovens, Pierre Favre, Han Bennik e altri giganti delle percussioni, allora questa compilation fa decisamente al vostro caso. Avrete a che fare con larghe dosi di istinto riversate sulle pelli, come se ognuno dei partecipanti avesse qualcosa da sfogare, un sentimento o un’inclinazione da dichiarare senza ricorrere alle parole: qui infatti contano i gesti, il gesto, le gesta.