A Milano una mostra sul compositore Pietro Grossi
Riceviamo da Erratum e pubblichiamo. ERRATUM – spazio di ascolto e sperimentazione, punto di riferimento per creativi, musicisti, poeti e artisti – è a Milano in Via Doria 20.
Inaugurazione: 11 aprile 2018, ore 20.
La mostra rimarrà aperta fino a 8 maggio 2018 dal martedì al sabato, su appuntamento.
Pietro Grossi @ 101 – Attimi di flussi senza fine di HomeArt è un progetto espositivo dedicato agli esperimenti di generazione algoritmica di immagini e di desktop publishing di Pietro Grossi.
La mostra, a cura di Walter Rovere, è dedicata al centunesimo anniversario dalla nascita del compositore (15 aprile 1917), e si terrà dall’11 aprile all’8 maggio presso lo spazio Erratum di Milano con data di inaugurazione mercoledì 11 alle ore 20.
Grossi fu non solamente un pioniere della computer music, titolare nel 1965 della prima cattedra in Italia di musica elettronica presso il Conservatorio di Firenze, ma anche un teorico ed esploratore di pratiche che si sarebbero diffuse solo decenni dopo, come i software di composizione automatica, i concerti telematici, la plunderphonia, il file sharing e i progetti open source, fino alla messa in discussione dei concetti di autore e delle modalità di produzione e di valutazione artistica.
La mostra comprenderà una selezione di lavori di computer art, realizzati da Grossi con le prime generazioni di elaboratori portatili e montati personalmente dall’artista su pannelli nel corso degli anni Novanta. Tutte le opere sono provenienti dalla collezione privata di Grossi, per gentile concessione di Marcella Chelotti (recentemente scomparsa, e alla quale la mostra è dedicata) e dell’Associazione Pietro Grossi.
Un’altra pratica artistica che Grossi fu il primo a sperimentare in Italia (e forse in Europa), fu quella delle installazioni sonore, e l’esposizione ad Erratum sarà accompagnata da PG 4, una lunga composizione creata con le apparecchiature dello studio S 2F M per sonorizzare l’allestimento dei fratelli Achille e Pier Giacomo Castiglioni per la mostra La casa abitata: Biennale degli interni di oggi, presentata a Palazzo Strozzi a Firenze tra marzo e aprile 1965.
Il file di PG4, finora pubblicato su disco solo in breve estratto, è stato digitalizzato e restaurato dal MartLab, il centro di ricerca e produzione nel campo delle tecnologie musicali nato dalla collaborazione tra Conservatorio Statale di Musica “Luigi Cherubini” di Firenze e Istituto del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
A corredo dell’esposizione è prevista la pubblicazione di un catalogo (Collana MADE4ART edito da vanillaedizioni) che conterrà, oltre a riproduzioni di lavori di Home Art, esempi di partiture autografe e degli Home Books stampati privatamente dall’artista, interventi originali dei critici Girolamo De Simone, Albert Mayr, Claudio Musso, Lara Vinca Masini e del curatore Walter Rovere, oltre ad una presentazione di Sergio Armaroli e a una sovra-scrittura di Steve Piccolo, creatori e co-curatori dello spazio di Erratum.
La mostra è realizzata in collaborazione con MADE4ART – comunicazione e servizi per l’arte.
Nato nel 1917 a Venezia, Pietro Grossi si diploma in violoncello al conservatorio di Bologna nel 1935. A soli 19 anni vince il concorso di primo violoncello nell’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, ruolo che però abbandona nel ’66, convinto che le prospettive della computer music abbiano ormai reso obsoleta la pratica del virtuosismo strumentale. Nel 1960 fonda a Firenze l’associazione Vita Musicale Contemporanea, della quale fa parte anche Giuseppe Chiari, e che promuove fino al 1967 concerti, proiezioni di cortometraggi sperimentali con musica elettronica, e mostre di arti visive. Nel 1963 crea nel proprio appartamento lo studio di Fonologia Musicale S 2F M, uno dei primi al mondo, e nel 1965 ottenne l’istituzione della prima cattedra in Italia di musica elettronica presso il Conservatorio di Firenze. I suoi corsi sono aperti a musicisti quanto ad artisti visivi, e vedono la partecipazione di nomi come Albert Mayr, Maurizio Nannucci, Vittorio Gelmetti, Jon Phetteplace, Giuseppe Chiari ecc. Nel 1967 compie la sua prima esperienza di computer music presso la Olivetti General Electric. Il disco risultante, GE 115-Computer Concerto, esce a nome dello Studio S2FM, senza citare Grossi: fin dagli inizi infatti preferisce considerare le composizioni come materiali “non finiti” da condividere con altri compositori, invitando a loro ulteriori manipolazioni – anticipando di decenni le pratiche del plagiarismo creativo e dei progetti open source. Nel 1969 inizia a lavorare presso il CNUCE di Pisa, e progetta assieme a loro uno dei primi sistemi informatici interattivi, il DCMP, indirizzando la sua ricerca nello sviluppo di processi di composizione automatica potenzialmente senza fine. Nel 1970 compie la prima esperienza al mondo di telematica musicale, tra Rimini e Pisa. Nel ‘75 viene creato a Pisa il TAU 2, sistema di sintesi del suono con il quale realizza sia numerose trascrizioni di musica classica che composizioni originali.
A metà anni ’80 la disponibilità di personal computer casalinghi, come il Commodore 64 e Archimedes della Apple, gli suggerisce di esplorare le possibilità dell’elaboratore nel campo delle creazioni visive e dell’editoria. Inizia pertanto a creare programmi di computer grafica dotati di autodecisionalità, elaborando il concetto di HomeArt: “Arte creata da e per se stessi / Estemporanea effimera / Oltre la sfera di giudizio altrui”. Nel 1988 organizza “dimostrazioni di Home Art a domicilio”, portando su appuntamento presso scuole, associazioni e privati i propri programmi, che negli anni Novanta rende anche liberamente scaricabili dal proprio sito.
Sugli stessi principi iniziò a realizzare gli Unicum, libri unici prodotti con stampanti ad aghi su risme di carta perforata usando programmi di elaborazione continua, per cui ogni copia cartacea risultava diversa. Come per le sue composizioni musicali, Grossi non considerava i propri lavori opere d’arte di per sé, ma semplici “attimi” fermati dal flusso innumerevole di permutazioni possibili di immagini che i suoi programmi erano in grado di produrre ogni giorno; se valore avevano, questo poteva essere dunque solo “didattico”, di dimostrazione di come il computer possa promuovere lo sviluppo delle possibilità artistiche latenti in ognuno: “Homeart non richiede pittori, grafici, musicisti, secondo il significato consueto dei termini, ma semplici artefici-fruitori degli elaborati visivi e fonici del computer. Lo slogan ‘Il computer ci libera dal genio altrui e accresce il nostro’ è in corso di interessante verifica”. (Walter Rovere)