A.B. NORMAL, Out Of A Suite

A.B. NORMAL, Out Of A Suite

Una chitarra elettrica panoramica (Michele Bonifati) si aggira circospetta per una strada avvolta nella nebbia, poi parte un giro di basso (Danilo Gallo) che ci porta dritti dritti dalle parti dei primi Tortoise, un groove sghembo e aereo di batteria (Alessandro Rossi) a spazzare le nuvole che coprono cocciute il nostro cielo boreale, il trombone (Andrea Baronchelli, leader del quartetto) e la chitarra di nuovo a scandire una fanfara per guerrieri immobili. Ci sono, ci siete, ci siamo: regalano suggestioni a non finire questi A.B. Normal, che di normale per fortuna hanno davvero poco e dunque tengono fede al gioco di parole del loro nome: composizioni oblique, una pulsazione mai monotona (davvero ottimo il lavoro del batterista Alessandro Rossi), ruggini jazz rock che non hanno accumulato un’oncia di polvere ma sanno rivisitare in maniera personale e obliqua quel mood, quell’attitudine.

L’austera ferocia di “Roots” potrebbe far pensare a Tim Berne, finché poi, poco dopo il quarto minuto, non si spalancano le bocche di un inferno elettrico che portano l’ascoltatore in un limbo che sa di Exploding Star Orchestra sotto valium, ma l’effetto del farmaco svanisce e di nuovo si torna nella selva elettrica, tra i graffi della sei corde e i lapilli della sezione ritmica. C’è un mood generale tra il terrigno e l’onirico che sa di esplorazione nelle botole dell’universo e suona convincente e denso, come il Nils Petter Molvær di Khmer (vent’anni fa, di questi tempi praticamente un secolo, su ECM), come un Efesto cocciuto che scalpita per mettere la testa fuori, tra invenzioni cinematografiche (le attese e gli agguati di “Cortex”, con l’elettronica di Stefano Castagna) che sembrano quasi il circo cattivo di certi Mr. Bungle.
L’impressione è che i musicisti coinvolti abbiano orizzonti di ascolti vasti: l’uso abbondante di effetti non è una melina per confondere le acque, ma un plus che aggiunge spazio e dà ulteriore carburante per questo viaggio lunare, che ha il peccato veniale di smarrire qualche volta la rotta, ma che dimostra come Baronchelli sia un musicista e compositore capace di stupire. Il mio personalissimo suggerimento è quello di mollare le briglie senza alcun timore, per il futuro.
“Outro” riprende – con aggiunta di distorsione – il magico giro di basso dell’inizio e di nuovo siamo dalle parti di Millions Now Living Will Never Die (Tortoise) o giù di lì: jazz, dub, kraut, rock, non ci sono confini, tutto si tiene sotto questa luce pallida, mentre cerchiamo sempre nuove strategie per respirare. Sembra il suono di un documentario sulla nascita della vita, o sulle trappole della biologia, sui sottomondi marini o sulle galassie, quello di Out Of A Suite, quasi un requiem per un pianeta che muore, dal quale non si può far altro che cercare di fuggire, almeno metaforicamente. In questo tentativo di fuga a volte, come è inevitabile, restano sul groppone alcune zavorre. Forse seguire l’idea di Picasso, dimenticarsi tutto quello che si è imparato, potrebbe essere la via. Al netto di qualche lungaggine e di qualche passaggio a vuoto, un disco coraggioso, personale e zeppo di idee.

Tracklist

Suite

01. Intro
02. Roots
03. Cortex
04. The Crown
05. Outro

Out

06. Starting with a Cherry
07. Syriarin