TRUE WIDOW, Circumambulation
I kneel and wait in silence /As one by one the people slip away / Into the night / The quiet and empty bodies / Kiss the ground before they pray /Kiss the ground / And slip away
“The Holy Hour”, The Cure, 1981
Le recensioni con similitudini azzardate e poco verificabili – quelle dove l’autore parte per un viaggio tutto suo – sono le peggiori: questa è esattamente così. La colpa, però, è anche di un gruppo come i True Widow, che si autodefinisce “stonegaze” e poi si sorprende che nelle interviste tutti chiedano che vuol dire. Circumambulation è in potenza l’unione dei Cure altezza Faith e degli Om re-inventori del doom, perché c’è un’evidente matrice metal, che alla resa dei conti non è quella tradizionale ed esiste più che altro pavlovianamente nella testa di chi ascolta un disco che sa essere della Relapse. Chiaro riferimento religioso nel titolo e nella copertina, trio chitarra-basso-batteria (niente ospiti, niente iperproduzione, nessuno strumento extra), sound scarno, languido, parti reiterate a lungo e in qualche modo – appunto – circolari, atmosfere grigie e riflessive, una tristezza di fondo che non prende mai però davvero il sopravvento. Voce maschile e femminile si dividono il disco: quella di Nicole Estill è splendida e ricorda Jessica Bailiff, il che potrebbe condurre alla fastidiosissima definizione di slowcore, così come a un collegamento – un po’ troppo pretestuoso – con lo shoegaze.
I True Widow, rispetto al passato, sembrano aver spogliato ancora di più il loro sound, consegnandocelo puro e privo di difese. Non c’è un brano che spicchi sugli altri, questo è il disco perfetto per un viaggio di ritorno in macchina, per liberarsi dall’ennesima giornata inutile e imbecille. Un disco, tra l’altro, per tutti, se questo non è un male (un tour coi Baroness appena terminato e uno con Chelsea Wolfe da iniziare ci suggeriscono qualcosa sull’argomento). Non so come faranno a far meglio di così nel prossimo album, a meno che non cambino…