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SILENT CARNIVAL, Silent Carnival

Silent-Carnival

Un suono dilatato, inesorabile e meditabondo contraddistingue l’esordio di Silent Carnival. Marco Giambrone (Marlowe e Nazarin) dirige il tutto con l’ausilio di numerosi ospiti (Gianni Gebbia, John Eichenseer, Andrea Serrapiglio, Luca Sciarratta, tra gli altri). In generale si avverte la volontà di lasciare il più libera possibile la cosiddetta forma canzone, ma dei confini rimangono comunque, e le cose funzionano particolarmente quando le trame chitarristiche e la voce viaggiano in parallelo, vedi l’umore torvo di “Carrying The Fire”, tra primi Low (che tornano nelle più calligrafiche “It’s Not Real”, e in “Floating Point” posta nel lato B) e lontani echi shoegaze. Meno invece quando il modello di riferimento si fa più evidente, l’innodia swansiana (quelli della rinascita) di “Existence” (che già faceva parte dell’ultima compilation di Occulto Magazine) e di “Failure”, che apre il secondo lato di questo vinile, ma il dato conta relativamente nell’economia di un disco che esprime onestà e sofferenza come pochi. Più interessanti si rivelano, ad esempio, la melodia della pigra “Crying Dance” e quella sacrale di “Gare Du Nord”, possibili vie di fuga dell’album, che necessita di far entrare più aria nelle sue stanze claustrofobiche (lo dimostra l’interessante e lunga coda che chiude l’ultimo pezzo citato, col dolce e fermo salmodiare che somiglia a un inatteso colpo di coda). Silent Carnival rimane espressione della voglia di muoversi tra le intemperie del mondo esterno con circospezione e senza far troppo rumore. Attendiamo sviluppi con una seconda prova.