SELVA, Life Habitual
Sotto le insegne dell’attenta Argonauta Records (gestita dal buon Gero dei Varego), debutta questo giovane trio che si divide geograficamente tra Lombardia e Veneto. I ragazzi sono autori di una miscela esplosiva tra Deafheaven ed Envy, non ho invece riscontrato – come spesso accade – somiglianze con le band citate nel comunicato stampa, ma del resto si sa che spesso in questi casi si tratta di pura strategia di vendita. Venendoci in aiuto la breve durata dell’album, dopo ripetuti ascolti la sola nota dolente riguarda gli episodi strumentali, che indeboliscono radicalmente la tensione creata con gli altri brani: nulla di grave, ma Life Habitual si fa ascoltare con piacere e quei minuti sono un po’ fuori luogo. Il disco ha continui saliscendi e numerosi elementi posti in contrasto. Come le due band sopracitate insegnano, anche i Selva arricchiscono la proposta con stacchi melodici sparati a mille o affondi più oscuri che dedicano il giusto spazio a batteria e chitarra. In poco tempo tutto questo scenario si sgretola in un abisso di richiami black metal, nonostante la base sia palesemente screamo/hardcore. La title-track ci tiene sulle spine e non convince appieno, ben più ispirata “Persistent” coi suoi toni caldi e irrequieti, completa nei suoi dieci minuti la conclusiva “Existence”, ottimo congedo che riassume il Selva-sound. La base è buona: per ora li teniamo d’occhio.