Radical Matters: trasgredire significa oltrepassare
Radicale: agg. e s. m. e f. [dal lat. tardo radicalis, der. di radix –icis «radice»; come termine polit., ricalca l’ingl. radical].
Impossibile scrivere con competenza di tutte le attività di Radical Matters e dar loro valore (positivo o negativo): qui si fa una semplice ricognizione. Questa casa editrice (sembra una dicitura più appropriata di etichetta) nata nel 2004 si occupa in primis di sfornare dischi in formato fisico o digitale, a volte senza distribuzione/vendita, ma per le sole esigenze private del fondatore e factotum Sandro Gronchi, uno dei tanti uomini senza sonno che mandano avanti da soli queste piccole imprese culturali. Non solo musica, questo il “problema”, ma riflessione scritta e parlata, con iniziative che hanno accadimenti concreti, eventi che poi vengono diffusi in diretta streaming per tutti.
Che agisce in profondità, spec. in funzione di rinnovamento o modifica
Dal punto di vista musicale conviene iniziare con quanto disponibile in download gratuito, così tutti si possono fare subito un’idea. Quella di Radical Matters è un’identità di frontiera, vicina ad altre emerse durante gli anni Zero, perché sul catalogo convivono progetti che fanno capo alle scene industrial e noise, ma anche al metal estremo, e che spesso mescolano tutti questi generi, lasciando sempre che in un modo o nell’altro si senta forte odore di zolfo: l’ambient nerissimo dei veterani Cultus Sabbati è messo al fianco di nomi nuovi e più ibridi, come i Servile Sect (finiti col loro black metal noise anche alla corte di Thurston Moore, ma a mio avviso sopravvalutati) o il più consistente Nekrasov, presente anche sull’autorevole catalogo Crucial Blast. Per fare altre accoppiate veterani/nuove leve, ecco che a fianco dell’ottimo Simon Balestrazzi, pioniere italiano associabile per comodità al giro industrial, pone la mortifera Sewer Goddess, della quale mette a disposizione l’esordio Ritual Cloaking Of The Face. Con Sewer Goddess siamo in territori vicini alla prima Cold Meat Industry, comunque, quella più violenta e grezza: non a caso, infatti, andando indietro nel tempo, ecco comparire chi per primo provò a gettare nello stesso calderone dark ambient e black metal, il fresco quarantenne Henrik Nordvargr Björkk. Balestrazzi, per chiudere il cerchio, non è il solo nome storico italiano, dato che ci sono edizioni digitali di tutti i padri costituenti, da Bandera a Corbelli, da Becuzzi a Baroni.
Le uscite fisiche, in formato cd, cd-r e vinile, mostrano anzitutto l’inventiva di Sandro riguardo agli artwork (spesso realizzati a mano!), qualcosa a cui non rinuncia nemmeno quando dà via file mp3. Come nel caso di Unholy Rituals di Limbo, il packaging diventa parte integrante di una vera e propria installazione sonora. Lo stesso discorso vale/valeva per edizioni ormai esaurite come Black Industrial Grimoire e Radiodrama, che contenevano persino degli speaker. Molta attenzione, infatti, è posta riguardo alle modalità di percezione del suono e alla sua continua rielaborazione/rilettura. Proprio Unholy Rituals, ad esempio, è un ritorno alle sorgenti sonore del primo Gianluca Becuzzi, mischiate con samples presi da Sunn O))) come da Current 93 (… a proposito di eclettismo). Siccome questo sembra essere uno dei temi principali, è inevitabile che uno degli artisti al centro dall’etichetta sia Pietro Riparbelli. Quest’ultimo concepisce i suoi dischi in luoghi particolari, che hanno un potere evocativo (p.e. la casa di Crowley) e – secondo lui – anche energie nascoste che si possono catturare registrando le onde corte, quasi facendo da medium. Di certo, anche qui, la musica che poi nasce è un misto scurissimo tra concreta, ambient e noise, in cui il trattamento delle sorgenti sonore (voce, onde radio, la musica altrui come nel caso del disco “collaborativo” con i Blind Cave Salamander del torinese Fabrizio Modonese Palumbo) fa sì che esse non sembrino (quasi) mai quello che sono. Non a caso, il progetto Tele.S.Therion vede Sandro e Pietro impegnati insieme su questo terreno, sempre con una strana aura black metal intorno. Anche i lavori di Sandro a nome “Radical Matter Editions Label”, che come punto di partenza hanno i cosiddetti “locked grooves”, denotano la vicinanza alle pratiche ricontestualizzanti della musica concreta e in un certo senso anche del turntablism, ma non vorrei scivolare. L’elenco di uscite è lungo: giusto segnalare il disco “ex voto” per Lilith, con Aderlating, Utarm, K11, Nekrasov, importante perché si riallaccia al discorso identità di frontiera e mostra come Radical Matters abbia ben presente cosa succede oggi nei generi che copre.
In linguistica, elemento r., e più spesso il radicale s. m., la radice (v.) di un vocabolo o di una famiglia etimologica di vocaboli
Dal punto di vista della parola scritta, oltre ad avere in cantiere delle uscite materiali, Sandro ha creato la piattaforma Metasound, su cui ha cominciato ad accumulare articoli editi e inediti coi quali in qualche modo contorna dall’esterno la propria identità. Interessanti, se non li avete ancora letti, saggi come quello di Francisco López , intitolato “Against The Stage”, che aiuta a ripensare la performance nell’ambito della musica elettronica, ponendoli accanto a una storia del turntablism come a una collezione di interventi sul black metal. Questi ultimi sono stati raccolti durante un incontro in Irlanda organizzato dallo studioso Nicola Masciandaro, di cui Sandro ha realizzato la diretta streaming (il filmato è in archivio, ora). Stiamo girando chiaramente intorno allo stesso discorso, nel senso che i tre esempi che ho fatto rispecchiano quello che è il sound di Radical Matters. Sarebbe sciocco dire la mia su argomenti così vasti (si va dal costruttivismo alla fisica…), basta solo pensare a quanti generi che non bazzico devono la loro esistenza al giradischi “come strumento” e non come supporto: Metasound, come tutta Radical Matters, è anzitutto uno stimolo ad approfondire/scoprire certe tematiche.
Sandro Gronchi, forse, dovrebbe trovare altri entusiasti come lui per mettere ordine nell’incredibile archivio di dati sonori e non che ha creato: una maggiore organizzazione dei contenuti e la possibilità di presentarli in maniera più semplice/intellegibile gli permetterebbe sicuramente di valorizzare meglio anche le produzione più ostiche.