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PRURIENT + CONOR THOMAS, 26/9/2013

Prurient

Vittorio Veneto (TV), Codalunga.

Anche quest’anno Codalunga non delude. Lo spazio gestito dall’artista Nico Vascellari nel pieno centro storico della suggestiva Vittorio Veneto rimane la migliore venue in Italia se si vuole vivere nella dimensione live il noise targato USA (e non solo). Da qui sono passati nomi come Wolf Eyes, Shit And Shine, Aaron Dilloway, Burial Hex, C. Spencer Yeh, Carlos Giffoni, John Duncan, Gerritt Wittmer, John Wiese, Sissy Spacek, Skaters, Kevin Drumm… insomma, chi doveva capire ha capito, e chi non ha capito sappia che stiamo parlando dei nomi più importanti di una scena che ha radicalmente inventato una nuova declinazione del rumore. Un suono che spalmato in tutti gli Stati Uniti ha svelato centinaia se non migliaia di sottogeneri e immaginari diversi. Ed è dell’immaginario più cupo tra questi che vogliamo parlarvi oggi. In una lista come quella sopracitata non poteva mancare un nome fondamentale, quello di Dominick Fernow (Prurient), che con Vascellari stesso ha lavorato alla realizzazione del festival Three Days Of Struggle di quest’anno (nel 2010 erano stati autori anche di due performance live a Kiev e San Francisco). Avevamo già conosciuto Dominick quando venne, sempre a Codalunga, a suonare come Vatican Shadow. Questa volta, invece, ci sguinzaglierà contro il suo mostro più grande e potente: Prurient.

Arrivare a Vittorio Veneto di sera è sempre uno spettacolo: questo borgo in provincia di Treviso, oscurato dai colli, riesce a splendere di luce propria, ed è proprio in questa luce che si nasconde l’ex atelier dell’artista Veneto. Recentemente Nico ha deciso di allargare Codalunga, che tutt’ora sta prendendo forma: nella sala d’entrata ci sono tutte le produzioni della sua etichetta Von Archives (gestita insieme al video-artista Carlos Casas) e altre produzioni targate Codalunga/Nico Vascellari, proseguendo ci si ritrova in una stanza buia dove sono esposti dei suoi lavori presentati in occasione della sua personale “Bus de La Lum”, uscendo da quest’ultima si entra nella sala dove si svolgeranno i live. I due set sono già montati.

Poco dopo il nostro arrivo dj Conor Thomas inizia a mettere roba, dando il via a un set gelido che aprirà e concluderà la serata. I vinili che sceglie sono molto ricercati, non avrei idea di cosa stia appoggiando sui piatti, anche perché spesso il pezzo viene rallentato o velocizzato a piacere. Per quasi un’ora, dunque, il dj di Manchester “raffredda il dancefloor” con suoni che spaziano da canti pseudo-rituali a drone elettronici minimali, passando per folklorismi siderali e brani orfani di genere.

Durante quasi tutta quest’ora Dominick sparisce in raccoglimento pre-live, dato che Prurient funge da sfogo alla sua rabbia repressa fino all’ultimo momento, ma – avendolo incrociato prima che il dj set iniziasse – siamo riusciti lo stesso a scambiarci due parole, e queste due parole erano pleasure ground! Infatti il noiser di New York ci confida che stasera ha intenzione di tornare indietro al 2006 per suonare quel capolavoro – che mi ha avvicinato alla sua musica – uscito per la Load Records. Quando Fernow ricompare è visibilmente pieno di energia negativa, dj Conor Thomas ha appena finito e siamo entusiasti all’idea di ciò che le nostre orecchie subiranno. La performance inizia senza complimenti, Prurient suona di spalle, generando volume fin dall’inizio, colpendo i pedali come fossero volti di persone odiate, quand’ecco che dalle casse si sente l’inconfondibile suono di “Apple Tree Victim”, l’ultimo pezzo di Pleasure Ground, che però non viene semplicemente riprodotto, le modifiche sono pesanti, e dopo qualche minuto si sente l’intreccio con “Military Road”. Per tutto il concerto la danza fra queste due lunghissime tracce diviene un live esemplare. Prurient sgomita, urla, picchia, si avvicina al pubblico e reagisce alla staticità della situazione, incute quasi timore. Tutto sta quasi per giungere al termine quando tre minuti di potentissimo harsh ad alte frequenze violentano il nostro udito, ma nessuno osa pararsi le orecchie. Il live va vissuto, è appunto vivo, fisico, doloroso. Prurient sparisce, dj Conor Thomas gira i dischi, noi torniamo a casa zittiti.