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PHILIPPE PETIT, You Only Live Ice

PHILIPPE PETIT, You Only Live Ice

Glacial Movements, come sappiamo, è l’etichetta romana con il singolare pallino di produrre dischi di ambient isolazionista incentrati sul motivo del ghiaccio perenne alle latitudini estreme. Allo scopo, il fondatore Alessandro Tedeschi, altresì noto come Netherworld, ha reclutato in dieci anni di attività tutta una serie di nomi, anche di importante caratura come Aidan Baker, Francisco López e Loscil, decisi a misurarsi con il tema.

Questa volta a essere della partita è il marsigliese Philippe Petit, manipolatore di suoni – lui si autodefinisce agente di viaggi musicale – dal curriculum sostanzioso. Non nuovo a italiche frequentazioni, lo abbiamo già ascoltato su un paio di uscite Boring Machines (il disco con Pietro Riparbelli e quello con il collettivo greco Chapter 24) e su Rustblade (la sua seconda collaborazione con Lydia Lunch e quella con Edward Ka-Spel dei Legendary Pink Dots).

Petit interpreta in maniera ineccepibile il concept ideato da Tedeschi. L’album è diviso in due tracce: una più breve in cui dominano la staticità e la luce abbacinante delle distese innevate, e una seconda, lunga, in cui il drone insistito è disturbato dallo scricchiolio dei ghiacci, reso in maniera tutt’altro che didascalica, e anche il movimento delle masse gelate, lento ed inesorabile, è descritto con efficacia. Il paesaggio, inizialmente fermo, è lentamente perturbato da nubi minacciose sotto forma di densità di suono, dopo di che il disco va spegnendosi tra folate elettrostatiche e i colori violenti dell’aurora boreale.

Certo, rimanere a fissare un iceberg per tre quarti d’ora non dev’essere fra le attività più eccitanti, tuttavia, ascoltando You Only Live Ice, potreste trovarci un certo diletto: copritevi bene!