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PAUL BEAUCHAMP, Pondfire [+ full album stream]

PAUL BEAUCHAMP, Pondfire [+ full album stream]

Oggi è il compleanno di Paul Beauchamp. Americano, è stato parte del Radon Collective e dei Sikhara di Scott Nydegger, che di quella cerchia di artisti sono la band più conosciuta (creatura sostanzialmente live, suona una sorta di industrial “percussivo”). Adesso vive in Italia, dove porta avanti il progetto Blind Cave Salamander assieme a Fabrizio Modonese Palumbo, che conosciamo soprattutto per l’appartenenza ai Larsen, e anche con Julia Kent, violoncellista della quale ci siamo occupati nella recensione di Parallel 41 (con Barbara De Dominicis).

Sempre oggi Boring Machines, Old Bicycle e Neon Produzioni gli regalano il vinile del suo disco Pondfire, pubblicato solo in digitale un anno fa. Non è un modo di farlo contento però, dato che è abbastanza incomprensibile il perché questo disco non abbia avuto sin da subito l’edizione che si meritava. Non che Paul ridefinisca chissà quali confini, però qui dentro ci sono idee. Il contesto sonoro è ambient (loop, drone e un utilizzo mai convenzionale dell’armamentario a disposizione). Punto di partenza è il ricordo della sua infanzia, passata nella fattoria del nonno in North Carolina, specie dalle parti dello stagno/laghetto (“pond”) vicino al quale accendeva un fuoco la sera e beveva qualcosa assieme al fratello. Contemplazione, dunque; serenità per certi versi, ma anche un sottofondo d’inquietudine. “Icicles” è un pezzo semplice e perfetto, notturno e atarassico, con un suono la cui origine potrebbe essere un synth come un qualche strumento con un mantice, dopo salta subito fuori l’aspetto meno conciliante del disco: “Pondfire.2” è uno di quei brani in cui il loop si espande e con esso la coscienza, quasi un apocrifo dei Contrastate. “Muddy Creek”, invece, vale come esempio di quelle idee che fanno salire il lavoro qualche gradino sopra la media (penso all’uso spettrale del basso), così come “Oak”, imponente e spaventosa, con in loop il suono – si presume – di un archetto passato su chissà quale corda. Si chiude con la rischiarante chitarra acustica di “Redbelly”, se no quel “serenità” di poche righe più su sarebbe sembrato più di un azzardo.

Oggi è un po’ anche il vostro compleanno, se vi prendete Pondfire.

Come scrivevamo, il disco ebbe un’edizione digitale un anno fa. Qui, comunque, per gentile concessione delle etichette coinvolte, lo teniamo in ascolto per un po’.