MORNE, Shadows
I Morne si sono sempre dimostrati restii a sedersi sugli allori, piuttosto hanno sempre seguito con coraggio l’istinto e la voglia di trovare nuovi percorsi, senza per questo rinunciare a possedere un tratto distintivo ben definito. Già con il precedente Asylum erano stati in grado di apportare variazioni importanti a una formula che aveva saputo catalizzare l’interesse degli ascoltatori e oggi, con Shadows, alzano ancora la posta, soprattutto grazie a un songwriting che di loro esalta il carattere oscuro e poco affabile, tanto da offrire in pasto al pubblico la prova più “ostile” e complessa a firma Morne, in qualche modo richiusa su se stessa, ma non per questo meno attraente e di dettagli da scoprire ascolto dopo ascolto. L’album si compone di cinque tracce di grande impatto, al cui interno la malinconia che segna da sempre le caratteristiche linee melodiche del gruppo si spinge a lambire gli umori del più tetro funeral doom e rivela più d’un punto di contatto col vuoto di speranza proprio dello sludge. A tutto questo si affianca un amore malcelato per un approccio più sperimentale e meno fisico, un’attrazione fatale che esplode in tutta la sua potenza nel brano conclusivo, i cui primi cinque minuti sono affidati ad una lunga intro ambient che porta in primo piano ciò che aveva serpeggiato dietro le quinte per tutto l’album. Perché il nuovo lavoro dei Morne appare più di tutto una seduta di auto-analisi in cui ci si confronta con le ombre e i fantasmi del proprio subconscio, con le paure ancestrali che ora si fanno subdoli suoni striscianti, ora deflagrano in tutta la loro violenza, a rendere Shadows dinamico e ricco di sfumature, sebbene sempre nero e con ben rari punti di luce. Urla disperate che si stagliano contro il cielo testimoniano la difficoltà di rialzarsi dopo ogni nuova caduta, ma questo non impedisce alla formazione di mostrare la sua volontà di reagire, fosse anche per creare un Golem in note, tanto più temibile proprio perché fatto della stessa materia che dovrà combattere. Ciò non deve far pensare, d’altra parte, a un’entità del tutto priva del tocco inconfondibile dei Morne, né far temere una portata indigesta, visto che si continua un percorso evolutivo senza strappi netti con il passato, piuttosto si eleva ad un gradino superiore quello che era già percepibile e filtrava nelle prove precedenti. Anche se, a fine corsa, si ha l’impressione che si voglia dire: finora si è scherzato, adesso si fa sul serio. Un’opera ambiziosa, ma allo stesso tempo magnetica e ricca di fascino.