MAI MAI MAI, Toni Cutrone
Su NO=FI Recordings siamo tornati spesso, al DalVerme siamo passati, abbiamo fatto cenno ai Trouble VS Glue e recensito Mai Mai Mai. È pur vero che di Hiroshima Rocks Around non abbiamo mai parlato, ma resta probabile che conosciate Toni Cutrone, batterista, noiser, label manager e gestore di un locale. Più di quattro chiacchiere in relax (lui è super alla mano), che danno anche una certa visione d’insieme sulle mille cose che ha fatto e che fa.
Fabrizio Garau: Ciao Toni, prima domanda di riscaldamento: hai mai pace?
Toni Cutrone: Mah, vista attraverso gli occhi del mio cane (spesso abbandonato a se stesso o costretto a starmi a fianco mentre faccio cose strane) direi proprio di no. Proprio l’altro giorno mi han chiesto se mi capita di annoiarmi: mi sono stupito da solo, ma la risposta è stata un no secco… e devo dire anche che non capita da moltissimo. Alla base c’è il fatto che già DalVerme occupa parecchio del mio tempo (il giorno lavoro alla programmazione e la sera al bar), in più curo il booking dei miei gruppi, che quindi necessitano anche di prove più o meno saltuarie, e poi mi smazzo per intero le produzioni della NO=FI Recordings: master, parte grafica, assegnazione obblighi e doveri, stressare gente… Poi ci sono i tour, che mi tengono fuori Roma, e d’estate il festivalone che organizziamo qui al Pigneto (Pigneto Spazio Aperto) per un paio di mesi durante la calda estate romana. E poi portare fuori Fituso (il mio cane).
Nicola Giunta: Fammi capire, quindi se tu per qualche motivo decidessi di non sbatterti più e di mollare tutto, diciamo che verrebbe a mancare una bella fetta di “scena”…
Beh indubbiamente sì, ma credo che tutto il cosiddetto D.I.Y. funzioni un po’ cosi: spesso intere scene girano intorno a poche persone che le tengono attive. Se per un motivo o per un altro una o più di queste persone abbandonano la loro “sacra missione”, spesso capita che città scompaiano dalle mappe dei tour dei gruppi relativi a quella scena. Diciamo che tutto quello che è stato fatto (tra NO=FI Recordings e DalVerme) è dovuto proprio alla sensazione di un buco profondo a Roma: la mancanza di luoghi dove organizzare soprattutto, così come la mancanza di un’etichetta che potesse unire un po’ di gentaccia con la stessa attitudine. Ovviamente non sono indispensabile eh! Ma un minimo utile sì. Poi beh, morto un papa se ne fa un altro (ride, ndr). Sicuramente comunque siamo un faro in questa città per un certo tipo di scene musicali, e sono contento che questa cosa sia apprezzata sia qui in loco sia nei luoghi più sperduti.
Nicola Giunta: Lunga vita a Cutrone, quindi! Tornando alle tue risposte precedenti, mi piacerebbe fare un po’ d’ordine: come si avvicenda la nascita dei progetti che porti avanti ancora oggi (i gruppi, DalVerme, l’etichetta…)? Nasce tutto nello stesso periodo, oppure le cose si avvicendano in maniera indipendente?
Cronologicamente sono tutti molto distanti tra di loro. A livello ontologico invece, strettamente connessi. Fondamentalmente tutto nasce con gli Hiroshima Rocks Around, il primo disco esce per Vurt Recordz nel 2001 (Isolation Bus Blues), gli piazziamo sopra comunque NO=FI Recordings: quasi un avvertimento per l’ascoltatore più che una vera etichetta. Il secondo disco (HRA666) lo produciamo noi e a quel punto rimane il No Fi come segno evidente della nostra produzione. Poi iniziamo a fare un po’ di robette a mano per le volte che andiamo in giro a suonare, per lo più cd-r con packaging assurdi. Nel 2005 entro a far parte dei Dada Swing, altro gruppo fondamentale per la scena romana, sia a livello musicale sia personale. C’erano in mezzo “quelli” della Hup Concerti, organizzazione che all’epoca portava tutti i migliori gruppi internazionali a Roma. Con Dada Swing si gira tanto in tour: tra la fine del 2005 e la fine del 2006 facciamo più di 150 date tra Europa, Stati Uniti e Canada. Ed è qui che nasce la questione “cassette”, che poi è la particolarità che ha reso la NO=FI Recordings più conosciuta. Inizio a produrre cassette di gruppi con cui si va in tour o che incrociamo durante i nostri giri e uso questo supporto perché ne sono stato un gran fan e perché costa poco e lascia parecchia libertà per packaging, grafiche, custodie e via dicendo.
La prima serie di sette cassette vedeva: Hiroshima Rocks Around, Movie Star Junkies, G.I. Joe, Trouble Vs Glue, The Normals, Cheveu, Club Des Chats. Poi sono arrivate quelle dei Father Murphy, dei Talibam!, dei Neptune e via dicendo. Diciamo che cosi la NO=FI Recordings diventa effettivamente un’etichetta. La questione DalVerme è molto successiva (apriamo nel 2009). È dal 2005 che organizzo concerti a Roma, prima senza nome, poi come micrO-Onde concerti e poi nuovamente senza nome: mille litigi con localari del cazzo, sbrocchi per soldi, problemi a trovare i posti, guai coi suoni, guai con la gente: era più una lotta che un divertimento, ma bisognava farlo! A un certo punto abbiamo cominciato a guardare un po’ di affitti dei posti intorno a noi, quindi al Pigneto ne abbiamo trovato uno che sembrava perfetto… ed ecco che abbiamo fatto la mattata. L’abbiamo preso nel 2008 e dopo eterni lavori di insonorizzazione e trasformazione del posto in un locale (non avendo soldi abbiamo fatto tutto noi interamente dalla A alla Z, quindi ci abbiamo messo tanto). Finalmente apriamo, a quel punto si unisce tutto: gruppi, tour, etichetta, locale e via dicendo. Ma è solo un passaggio finale, ecco.
Nicola Giunta: A questo punto ti devo chiedere qualche aneddoto sulle serate al DalVerme. Un paio di scene che rimangono nella memoria storica del posto…
Sai che non saprei? Cioè, diciamo che DalVerme è famoso per la qualità del suo bar e per la nostra generosità a dare alcol agli stronzi che suonano, quindi insomma, si finisce spesso in situazioni allegre e/o apocalittiche. Però al momento non mi sovviene nulla, è la tipica domanda che ti fa tabula rasa nella memoria (ride, ndr). Momenti simpatici ce ne sono stati, però. Ultimo giorno di Thalassa, gli Squadra Omega belli alticci (da bravi veneti): ci siamo dimenticati uno di loro dentro al DalVerme! Per fortuna ci siamo accorti del problema e abbiam tirato su la serranda (fortuna anche per il bar, non credo avremmo ritrovato molto al nostro ritorno). O altra volta: passano i Bachi Da Pietra a trovarci per un buon drink dopo un loro concerto in un altro locale a Roma, un tipo sbroccato e impazzito stacca il tergicristallo della loro macchina per usarlo come arma! Regolati, in quattro anni non c’è ma stata una rissa da noi, quindi evento storico!
Nicola Giunta: Come e quando nasce l’idea del festival Thalassa?
Thalassa nasce da una delle tante discussioni più o meno piacevoli con il luminare Valerio Mattioli, che spesso finisce par passare a bersi un drink al bancone del DalVerme. Si sa che la noia porta a fantasticare: e proprio cosi nasce l’idea di Thalassa. Visto l’interessante articolo ‘Italian Occult Psychedelia’ di Ciarletta su Blow Up, abbiamo preso spunto per tirar fuori una serata con alcuni dei gruppi citati. Ovviamente sfugge subito tutto di mano: da una serata diventano 3, i gruppi 13. E ci ritroviamo con un bel festivalone per le mani. A quel punto abbiamo il problema del nome: non volevamo qualcosa in inglese. In italiano, Occulto è già dominio dell’ottimo Occulto Magazine. Cominciamo a tirar fuori nomi improbabili che vanno dall’etrusco alle divinità indù, poi esce fuori Thalassa: il mare secondo i greci. Nome perfetto per questa scena. E così, eccoci con tutto pronto e solo i gruppi da chiamare! Vabbè, il resto è ormai storia.
Nicola Giunta: Rimaniamo al DalVerme. Nei tuoi sogni più bagnati e inconfessabili, qual è in assoluto il gruppo che vorresti sentire suonare nel tuo locale?
(ride, ndr) DalVerme mi crea molti problemi su “i gruppi che vorresti portare” e quelli che “si possono fare in una sala cosi piccola”! Quindi conviviamo con questa, diciamo, frustrazione, anche se riusciamo a fare un bel po’ di cose totalmente sovradimensionate per il posto (con 80 persone è pienissimo). Se penso ad un sogno, ovviamente deve essere qualcosa di irrealizzabile, sogni d’infanzia, tipo avere i Melvins da noi! (ride, ndr)
Nicola Giunta: Non mi sembra male come sogno!
Eh no! Altre cose alla fine le riusciamo a infilare sempre. Un gruppo che vorrei assolutamente vedere a DalVerme, perché li amo e perché so che là sotto sarebbero perfetti, sono i Wolf Eyes. Abbiamo avuto qualche settimana fa Nate Young (uno di loro, in solo): gran live, gran serata, e alla fine ovviamente glie l’ho accennato… chissà!
Nicola Giunta: Ho fra le mani una copia del numero di novembre di XL Repubblica. Dentro, con mia somma gioia, ci trovo una foto tua in assetto Trouble Vs Glue, insieme ad un sacco di bella gente come Squadra Omega, In Zaire, Ottaven, Lorenzo Senni e tanti altri personaggi che in un modo o in un altro sono passati dalle vostre parti. L’articolo in questione peraltro è firmato da un certo Valerio Mattioli. Cosa ne pensi di questa attenzione da parte della stampa musicale nazionale?
La cosa la reputo positiva. In questo momento direi che c’è quasi una folle corsa della stampa verso gli italiani, a volte sensata altre no. Nel senso che a volte mi sembra che debbano, per forza di cose, “scoprire” qualcosa di grandioso. In Italia stanno succedendo molte belle cose a livello musicale, e finalmente le riviste non snobbano il tutto come “semplicemente italiano, quindi sticazzi”. Già l’affaire Borgata Boredom aveva fatto parecchio discutere: articolo e disco del mese su Blow Up, sei pagine su XL, Rumore e altri hanno seguito. E anche all’estero se ne è parlato parecchio. Idem con la cosiddetta Italian Occult Psychedelia. Ora XL dedica questo articolo al D.I.Y. italiano. Il Mucchio ha fatto un articolo sugli “italiani da esportazione”. A me fa sempre piacere! Anche perché prima vedevo l’opposto: l’italiano non faceva notizia in Italia, così come il gruppo italiano non portava gente ai concerti. Adesso, insomma, non è più così, ma credo che la stampa si stia adattando a qualcosa che sta succedendo nella vita reale: gruppi italiani che spaccano ce ne sono un bel po’, la gente li va a vedere molto volentieri, i dischi li vendono, di conseguenza il giornalista, volente o nolente, ne parla. Ma il cambiamento è dal basso! Te lo dico sia da “musicista” che gira parecchio e sia da gestore di locale che porta tanti gruppacci a suonare a Roma.
Nicola Giunta: Sembra che tante cose abbiano avuto inizio proprio con Borgata Boredom. Ti sentiresti di definirlo una sorta di manifesto? Come nasce?
È sicuramente un manifesto. Di qualcosa che è successo qui al Pigneto (Roma) negli ultimi anni. L’idea era proprio di “fissare” questa ondata musicale che si era radicata nella vita quotidiana di tutti noi: un quartiere di pochi km quadrati in cui ci stava tutta la scena di roba weird, sperimentale, particolare, il DalVerme e il Fanfulla come locali che ospitavano e alimentavano, sale prove, baretti in cui fare aperitivi insieme, studi di grafica e serigrafia, neo gallerie d’arte… È tanto che sto nel mondo musicale e non mi era mai capitato di vedere un fermento del genere, una scena musicale ante litteram: non come quelle odierne, fondate su internet, su mail, MySpace/Facebook, ma sulla vita di tutti i giorni e gli incontri/scontri faccia a faccia. Effettivamente credo che sia una delle prime ondate del sottobosco italiano presa cosi tanto in considerazione. Persino Battiti/Radio Tre le dedicò una puntata! Articoli dovunque e anche un tour commemorativo dopo un anno dall’uscita del disco (già sold out all’epoca).
Nicola Giunta: Ristampe in vista?
No, non credo sia il caso. Così come non era il caso di un volume 2. È stata un bel fulmine a ciel sereno, è giusto che rimanga così. Poi magari tra 10 o 20 anni vedremo! Quando ne parleremo come ora si parla della No New York (ride, ndr). Non sono un gran lettore di stampa musicale italiana, ma credo che Borgata Boredom sia uno dei primi esempi di interesse cosi “morboso” da parte della stampa su una corrente del sottobosco musicale italiano.
Nicola Giunta: Passiamo alla tua creatura sonora più recente (almeno così credo!): Mai Mai Mai. Come nasce il progetto?
Dopo la truffa Borgata Boredom, abbiamo inventato quella di Thalassa, dove ero coinvolto come organizzatore ma non come musicista: quindi sono stato costretto a inventare questo progetto per far parte in toto della truffa, altrimenti che truffa era? Mi sarei auto escluso.
Nicola Giunta: Per questo il cappuccio durante i live?
(risate, ndr) Alla base di Mai Mai Mai c’era la voglia di fare qualcosa di nuovo. Ormai gli impegni non permettono facilmente di creare nuovi gruppi, incontrarsi con altre due, tre o quattro persone è molto difficile e il progetto da solo è ovviamente la cosa più diretta. Darsi appuntamento da solo per fare le prove è più facile, difficilmente qualcuno arriva in ritardo o annulla perché ha un impegno imprevisto! Poi c’era la voglia di fare qualcosa di “cattivo” e “zozzo”. Con Hiroshima Rocks Around siamo (tristemente) un po’ fermi per mille casini (tra i quali il DalVerme) e Trouble Vs Glue di certo non soddisfa la mia necessità di violenza e cattiveria sonora. Così nasce questo progetto: è impostato sull’idea di guardare al mio passato per riscoprire radici, ricordi, esperienze perse nel tempo. Pensato come un viaggio (via mare, nel Mediterraneo). Per far questo, quindi, tutto parte da registrazioni che metto su nastro e su cui costruisco le sonorità che più “sento” adatte, usando un synth analogico, uno digitale e un sequencer. Il volto coperto è legato alla ricerca delle radici, è dunque la ricerca di un volto che ancora non c’è, che non conosco. Poi sono un amante dei travestimento sul palco, una delle cose che mi diverte di più. Quindi perché no?! Oltretutto il vestito è fatto dal mio caro amico Canedicoda… che onore indossare una sua creazione. Il caso volle che il mio primo live fosse al Muviments, festival di Itri dove l’onnipresente Onga di Boring Machines vide il live e si interessò al progetto, da lì poi l’uscita su Boring Machines (a cui io agognavo da secoli).
Fabrizio Garau: Non ti chiedo di Jamie Stewart. A me piacerebbe che tu fossi così gentile da dirci due parole su Ilaria Doimo, Canedicoda e Legno. Credo sia bello dare risalto – con tutto che sta già avvenendo – a questo “network” italiano che si è creato negli anni e ha portato il suo contributo a Mai Mai Mai.
Se vuoi a Jamie Stewart ci arrivo, fa sempre parte del network. Per quanto riguarda il resto, Mai Mai Mai è un po’ la “summa” di quello che ho fatto nel passato, e lo è anche a livello di conoscenze, per questo sono felice che Boring Machines abbia pubblicato il primo disco (sono anni che incontro Onga più di mia mamma). Anche per la grafica qui si torna: Legno sono Jacopo (anche infamoso in quanto cantante dei Fine Before You Came) e Stefano (anche infamoso in quanto Holidays Records), che conosco da molti anni e che curano da un po’ anche la stampa delle uscite NO=FI: ormai mi fido solo di loro e quindi ovviamente gli ho messo in mano il mio primo disco. Idem per Canedicoda – di cui vesto quasi quotidianamente le magliette – che fece la prima maglietta della NO=FI Recordings anni orsono così come alcune grafiche, e in più, come ti dicevo, cura anche il mio stage outfit. Ilaria è anche lei veneta, ormai trasferita a Roma, ma con sangue padano, fotografa concerti (le foto dei concerti a DalVerme sono spesso e volentieri fatte da lei). Poi beh, essendo la mia compagna e convivendoci, ne vedo di sue foto! Così ho potuto scegliere le più adatte, insieme a lei, per le grafiche del disco. La scelta di solo persone del Nord è stata dettata da Onga, dovevo pagare in qualche modo il fatto di essere meridionale: la foto nel retro del disco, pensa un po’, è il Piave!
Nicola Giunta: Non sei romano, quindi?
Eh no, sbarcato sulla costa jonica della Calabria, a Crotone, adottato dai romani, ma più avanti con gli anni.
Fabrizio Garau: Per coincidenza (?) su The New Noise abbiamo già scritto non uno, ma due live report su Mai Mai Mai. Entrambi i redattori sono rimasti sorpresi dal tuo equipaggiamento. Io non sono affatto in fissa con queste cose, ma mi par di capire che le persone vorrebbero sapere qualcosa di più su quello che c’è su quel tavolo. La mia curiosità aggiuntiva è: riusciresti a farlo con un laptop? O non sarebbe più Mai Mai Mai?
Diciamo che vengo dalla musica “suonata davvero”. Quindi non ho l’approccio da laptop o mela illuminata sul tavolo, non mi ci riesco proprio ad adattare. Ho bisogno di gesti che corrispondano a cambiamenti di suono, anche a livello di “spettatore” mi lasciano molto interdetti i live fatti col portatile. Esempi freschi: da poco abbiamo avuto a Dal Verme, nel giro di 4 giorni, James Ferraro e – come dicevo – Nate Young (dei Wolf Eyes), il primo col suo laptop, bel set, interessante, ma mi lascia molto distaccato, il secondo, con svariati macchinari e aggeggi, suona e si vede, preme tasti che modificano il suono, compie gesti che si “sentono” e cosi via. Per me il live è anche performativo, sempre. E la dimensione laptop è la cosa più triste a livello di performance che si possa vedere in giro: potrei aver premuto play e stare controllando le mail! Una gran risultato a livello musicale, sicuramente, ma non una gran performance su un palco. Per quanto riguarda me, per produrre i pezzi uso un po’ più roba, il live è pensato per essere facilmente trasportabile in giro. Faccio molti tour ed è fondamentale che non sia fatale girare. È bello avere un bel banchetto di fronte mentre si suona, fin da piccolo ho sempre sbirciato tra i pedali, gli effetti, i synth e i marchingegni dei gruppi che andavo a vedere. È un bel momento osservare e cercare di capire come viene prodotto quel suono. Tornando alla tua domanda secca, non riuscirei a farlo con un laptop per svariati motivi: 1) prima di tutto la pasta del mio suono non credo sia riproducibile da un laptop; 2) mi vergognerei di presentarmi a un concerto con un laptop; 3) non credo sarei capace, finirei per spaccarlo in un momento di foga.
Fabrizio Garau: In questi ultimi anni sono nate varie microscene noise, ciascuna con una loro identità. Sono stati scritti libri e articoli. Tu in qualche modo sei collegabile a tutto questo movimento che c’è stato, però nel disco io ho sentito anche legami con gli antenati, cioè con suoni industrial legati agli anni Ottanta. Penso soprattutto a un pezzo come “Telos”. C’è un rapporto? E in generale sei andato a sentirti cosa si faceva quella volta o come ascolti sei focalizzato di più sul presente?
Non saprei. Nel senso che non mi sono approcciato al progetto Mai Mai Mai con un’idea ben precisa. Essendo da solo, non avevo bisogno di pianificare o mettere in chiaro idee con altre persone, ho cominciato a tirar fuori robette con gli strumenti che avevo sotto mano o procurandomene altri che pensavo adatti o interessanti. Il mio background è molto più improntato sul noise, ma dall’altro lato sono fortemente legato all’idea della “canzone”. Così come, in quanto fondamentalmente batterista, ho le ritmiche nel sangue. Con l’industrial attuale e le varie micro scene nate (dark ambient e via dicendo) non ho molta dimestichezza, se è quello che intendevi. Ma davvero, non riuscirei a tirar fuori delle influenze dirette che mi hanno portato a far questa roba, c’è troppo nel calderone.
Nicola Giunta: Progetti all’orizzonte e anticipazioni sulle tue prossime mosse?
Accannare tutto e andare a vivere in campagna (ride, ndr)! Sto per registrare le nuove cose di Mai Mai Mai che (probabilmente) finiranno su una cassetta per Yerevan Tapes. Con Trouble Vs Glue continuiamo a fare date in giro per l’Italia: ad aprile faremo un tour più lungo, tornando in Europa. Per DalVerme, ti dico in anteprima che iniziamo a pensare a Thalassa 2, nel primo weekend di aprile. Tra un po’ scriverò ai diretti interessati e vediamo se si concretizzerà.
Nicola Giunta: Per quanto riguarda NO=FI Recordings?
Con NO=FI Recordings faccio uscire a dicembre una tape per i Rainbow Island e lo split in vinile tra Gianni Giublena Rosacroce e Maria Violenza (nuovo astro nascente di Roma Est!). Il 2014 inizierà con un vinile di Mike Cooper, abbinato a un artbook con sue foto e poesie, e una doppia tape del nuovo materiale dei Father Murphy. Mi sembra abbastanza, no? (ride, ndr)
Nicola Giunta: Beh, direi di sì. Grazie Toni (a nome di un sacco di gente)!
(risate, ndr) Se vuoi ti riprendo la parentesi Jamie Stewart…
Nicola Giunta: Sì dai, chiudiamo in bellezza!
È giusto che molti siano rimasti stupiti da questa cosa, stupirebbe anche me. Ma è per spiegare che non è una marchetta insensata o una cosa fatta tanto per avere una nome noto. Appena ho registrato ero molto curioso di far ascoltare la roba a gente che conosco da tempo e che mi conosce bene, soprattutto a livello musicale. Insomma, ai fratelli di strada, tra questi Federico dei Father Murphy che, per via del loro split con gli Xiu Xiu e di uno (o più) tour insieme, conosce bene loro e Jamie. Tramite Federico è arrivato alle orecchie di Jamie che ha apprezzato molto il lavoro. Non avevo assolutamente pensato a lui per farlo mixare, ma questa casualità (devo dire bella) mi ha dato la spinta per chiedere ed è arrivato un bel sì. È stato strano anche per me, perché difficilmente lavoro con chi non conosco personalmente; in realtà ho conosciuto Jamie perché una volta suonammo insieme, lui come Former Ghosts e io come Trouble Vs Glue, ma insomma, ci siamo capiti. Oltre alle “casualità” che tanto mi piacciono, ho visto però che c’era subito feeling, lui mi ha chiesto delle direttive e io ho risposto “Nasty!”, lui mi ha detto “Nasty is my thing!”. Affare fatto, insomma (ride, ndr).
Prossimi concerti di Mai Mai Mai
12 Dicembre: GENOVA @ TEATRO ALTROVE w/ OvO
13 Dicembre: MILANO @ TROK w/ Kid Millions
14 Dicembre: TORINO @ VELVET w/ Rocchetti
22 Dicembre: MACERATA @ ONLYFUCKINGLABELS#3
31 Gennnaio: UDINE @ tba
1° Febbraio: PADOVA @ CRISPY