MAI MAI MAI, Πέτρα (Petra)

Petra

Toni Cutrone vuole rifondare la Cold Meat Industry o aprire la filiale di Roma di Malignant Records, o forse fare la scalata all’italiana Old Europa Cafe. Con Mai Mai Mai per un verso o per un altro a me vien da pensare all’universo dopo-industrial anni ’80 e ’90, ma è più probabile comunque che siano state le frequentazioni con le varie microscene noise sparpagliate per tutto il pianeta durante gli anni Zero a istradarlo verso un determinato stile. I dischi precedenti (Theta, Delta) non hanno lo stesso impatto di questo Petra, che – in linea con la rappresentazione degli aspetti più scabri del Mediterraneo (*) – ha il pregio di arrivare come uno spigolo sulla tempia, tra percussioni quasi à la Megaptera (a proposito di CMI e di grecismi), suoni squarcianti e atmosfere oppressive, con scariche di basse frequenze rubate a Le Cose Bianche. Certo, Cutrone non ha scoperto la fusione a freddo, però ha costruito bene questa traccia divisa in tre, tanto che alla fine è un peccato che duri così poco, come gli altri suoi lavori. Si tratta del resto sempre di musica sistemata in edizioni superfighe (qui intervengono le divinità italiane Corpoc) che sembrano fatte apposta per essere portate in tour, così da sostenerlo stuzzicando il pubblico ogni volta con qualcosa di nuovo e luccicante, ma sarebbe bello adesso vedere Cutrone fare una corsa più lunga e scoprire se ha fiato. Comunque – dovendo scegliere al banchetto – a oggi per me Petra è quello da prendere.

* Nella nostra intervista, Toni stesso riassume: (…) Poi c’era la voglia di fare qualcosa di “cattivo” e “zozzo”. Con Hiroshima Rocks Around siamo (tristemente) un po’ fermi per mille casini (tra i quali il DalVerme) e Trouble Vs Glue di certo non soddisfa la mia necessità di violenza e cattiveria sonora. Così nasce questo progetto: è impostato sull’idea di guardare al mio passato per riscoprire radici, ricordi, esperienze perse nel tempo. Pensato come un viaggio (via mare, nel Mediterraneo). Per far questo, quindi, tutto parte da registrazioni che metto su nastro e su cui costruisco le sonorità che più “sento” adatte, usando un synth analogico, uno digitale e un sequencer. Il volto coperto è legato alla ricerca delle radici, è dunque la ricerca di un volto che ancora non c’è, che non conosco.