LUMINANCE RATIO
È pieno di cani qua. Prima che sia troppo tardi, volevo dare un po’ di spazio ai Luminance Ratio, che seguo da qualche anno, cioè da quando è uscito Like Little Garrisons Besieged (2009). Dopo un cambio di formazione (fuori Maggi, dentro Mauri e Sigurtà), i Luminance, oltre ad aver diviso vinili con due giganti, sono andati nuovamente a cercare il contatto estero e sono finiti sulla polacca Bocian, etichetta piccola ma con un certo gusto nelle scelte (Kevin Drumm, Zeitkratzer, Gustafsson…). Alla fine è successo che hanno calato l’asso: Reverie è un disco che m’ha stordito immediatamente e che sto ancora cercando di capire bene. A un certo punto ho anche smesso di fumare, tanto avevo Reverie. Dentro i Luminance – anche se questo non è sempre garanzia di successo – ci sono solo musicisti/sound artist che mi piacciono (Gianmaria Aprile che tiene in piedi l’ottima Fratto9, Luca Mauri che presenteremo estesamente qui sotto, Andrea “Ics” Ferraris che è una delle teste più irrequiete del giro sperimentale italiano, infine Luca Sigurtà, che qui conosciamo benissimo). Ecco perché ho voluto dar loro anche lo spazio di un’intervista. C’è una domanda in cui io mi lamento (non va mai bene lamentarsi) che di Reverie si parla un po’ poco, ma per questa volta spero d’esser perdonato.
Posto che di Sigurtà sul sito abbiamo parlato molto, presentiamo l’altra new entry, Luca Mauri. Stava negli I/O (ho il disco su Ebria, sono vecchio), l’ho perso di vista, l’ho ribeccato assieme a Giannico e Uggeri (Pagetos è stupendo), lo ritrovo con i Luminance Ratio…
Luca Mauri: Grazie per il complimento su Pagetos, anch’io sono molto soddisfatto di quel disco, merito anche dell’ottima produzione di Matteo (Uggeri) e del buon feeling che si è creato con Giannico. Effettivamente, dopo lo scioglimento degli I/O, con i quali ho passato dieci anni e due dischi, mi son preso una pausa solista, poi un giorno con amici di vecchia data, in particolare Ics, Gianmaria e Luca Sigurtà, con i quali da tempo si parlava di fare qualcosa assieme, ci siamo trovati nella campagna di Alessandria e da lì è nato tutto (o meglio, è proseguito…). Credo che dentro i Luminance, per chi conosce le nostre esperienze passate, si senta un po’ tutto il nostro background, diverso per ognuno, ma tutto miscelato in modo nuovo.
Eravate un trio particolare. Adesso, uscito Maggi, siete il quartetto più strano del mondo. C’era qualcosa di pianificato o la formazione atipica è nata liberamente?
Gianmaria Aprile: Ognuno di noi proviene da mondi musicali differenti, e l’unione di queste diverse influenze e trascorsi ha fatto in modo che il suono dei Luminance Ratio sia diventato qualcosa di abbastanza singolare rispetto all’approccio musicale della maggior parte delle persone che si confrontano con queste sonorità. Quindi il risultato è qualcosa che sta tra i confini della psichedelia rock, del noise, dell’elettronica, del kraut-rock, dell’elettroacustica e della contemporanea.
Luca Sigurtà: Quando Gianmaria e Andrea mi proposero di entrare nei Luminance Ratio accettai subito. Al di là dell’amicizia, mi piaceva molto l’idea di questi diversi background che ognuno di noi aveva. Trovo molto affascinante la contaminazione di diversi stili ed approcci, crea moltissime possibilità di sperimentare a 360°.
Secondo me di Reverie non si sta parlando abbastanza: è un errore clamoroso, dovuto a molti fattori che non elenco. Quanto è importante questo disco per voi e quanto ci avete investito emotivamente?
Gianmaria Aprile: Il disco è appena uscito, quindi forse è ancora presto per dire che se ne parla poco in Italia, ma purtroppo la tendenza sarà sicuramente quella. Non perché non ci sia la qualità, ma perché è un lavoro forse poco affine ai canoni musicali della musica indipendente più rock italiana. Non a caso il disco è stato pubblicato per l’etichetta polacca Bocian Records, che annovera nelle sue uscite nomi come Kevin Drumm, Ambarchi e altri musicisti molto quotati della scena sperimentale.
Reverie ha vissuto una gestazione molto lunga, sia nella fase di registrazione, ma soprattutto in quella di post-produzione e mixaggio, dove io e Luca Mauri abbiamo cercato di rendere il suono il più vivido possibile. Ci abbiamo sbattuto la testa parecchio, e a mio avviso l’ottimo risultato conferma tutti gli sforzi fatti.
Cosa significa per i Luminance la parola “reverie”?
Andrea ‘Ics’ Ferraris: “Reverie – fantasticheria, immaginazione, abbandono al flusso del sogno ad occhi aperti” (in Gaston Bachelard). Credo che per noi significhi semplicemente che siamo legati ai sogni, come è la musica che suoniamo… forse significa semplicemente che siamo quattro freak.
Luca Mauri: Nel dare il titolo al disco, che tra l’altro non è slegato dai titoli dei singoli pezzi, siamo partiti dal pensare a qualcosa legato al ricordo. In fondo che cos’è un sogno, anche se ad occhi aperti, se non la rielaborazione di un ricordo? Mi piace l’idea che la nostra musica induca uno stato di torpore e semi-veglia, in cui estraniarsi per un attimo dai ritmi quotidiani e abbandonarsi in un flusso di pensieri. Questo avviene anche per noi, mentre suoniamo.
È uscito anche il disco degli Airchamber3, che mi piace molto. Tra Airchamber e Luminance Ratio ci sono delle parentele. So che è una richiesta pesante, ma vi va di fare un raffronto (non un confronto) tra i due progetti?
Andea ‘Ics’ Ferraris: … i Luminance Ratio suonano sul disco degli Airchamber e viceversa, ma in realtà credo l’unico punto di contatto – oltre a me – sia un gusto per la musica “visionaria”. Per quel che mi riguarda, tra l’altro, suono strumenti diversi proprio per evitare di ottenere risultati troppo simili. Più andiamo avanti, più con i Luminance Ratio lavoriamo su di un canovaccio o su di un’idea ben definita, l’improvvisazione ha uno spazio sempre meno rilevante. Con gli Airchamber3, pur lavorando su di un’atmosfera, l’improvvisazione ha un ruolo centrale. Il nuovo disco dei Luminance Ratio è stato sviluppato in un periodo di tempo più circoscritto, Airchamber3 in un arco temporale di quattro anni, con l’intento base di mettere a frutto le diverse esperienze che avevamo effettuato singolarmente con gli altri progetti.
Il mio background non è jazz, né è segnato sul serio da gruppi che ricorrono all’improvvisazione. Vi chiedo di aiutare me e i lettori a capire quanto di jazz e impro sia presente nel vostro sound.
Gianmaria Aprile: Ultimamente ascolto quasi più jazz e le sue derive che rock e affini, e ho seguito negli anni seminari di improvvisazione e tecniche di conduzione. Nei Luminance Ratio l’improvvisazione è presente, ma è in qualche modo guidata da un canovaccio sul quale sappiamo poterci muovere, con alcuni paletti che ci danno le indicazioni sui cambi e in che direzione andare. Diciamo che è improvvisazione “guidata”, che poi viene affinata ad ogni prova fino a quando non diamo una forma precisa alle composizioni. La risultante è una sorta di partitura nella quale ci muoviamo.
Nel disco degli Hall Of Mirrors (Marutti e Verticchio) suonava mezzo milieu post-industriale italiano. In Chtonian Music di Riparbelli c’è la Kubisch insieme a Nordvargr e a Maggiore/Brasini. Vedo come la tendenza, in questi ambiti, a dar vita a opere collettive à la ultimi Sunn O))), per capirci. È così che un genere sopravvive o magari si evolve?
Andrea ‘Ics’ Ferraris: Non so se un genere così facendo sopravvive o si evolve… credo più semplicemente che la cosa si leghi al fatto che uno inviti a suonare della gente che stima, con cui desidera collaborare. O degli amici come nel caso di Marutti e Verticchio.
Di solito mi innamoro di questo tipo di dischi nel loro insieme. Qui però “Il Mare” si è presa un posto speciale nella mia testa. Posso sapere qualcosa di più su questa traccia?
Andrea ‘Ics’ Ferraris: … si sviluppa su di un loop lavorato di archi, abbiamo deciso di interromperlo all’improvviso, creando un cambio di scena volutamente brusco. Credevamo che il titolo fosse appropriato, tanto di più se pensi al mare di notte. Non so perché, ma la prima parte mi ricorda alcune cose degli Swans.
Luca Mauri: Il titolo del pezzo cita un film coreano di Hyun-seung Lee, molto poetico, che parla di una casa su una spiaggia deserta (“Il Mare”, appunto, in italiano anche nel film) e della sua cassetta delle lettere che diventa il luogo di comunicazione tra un uomo e una donna, che si innamorano, ma che poi scoprono di vivere in tempi diversi (a due anni di distanza) e che saranno quindi destinati a non incontrarsi mai.
All’epoca di “Garrisons” vi avevano paragonato ad Ambarchi e a Baker. Col primo ci avete fatto uno split. A quando Nadja vs Luminance Ratio? Scherzi a parte, Oren Ambarchi torna sempre nel discorso…
Luca Sigurtà: Effettivamente ci hai dato un bel consiglio su uno dei prossimi nomi da contattare… Scherzi a parte, fin dall’inizio siamo sempre stati interessati ad interagire con musicisti di tutto il mondo che prima di tutto ci piacessero e poi con i quali unire la nostra musica sarebbe stato coerente. Ecco perché è nata l’idea della serie in 7”. Prossimamente la nuova uscita sarà con Yannis Kyriakides.
Come avete organizzato gli split con due nomi così importanti per gli appassionati (l’australiano e Roden)?
Gianmaria Aprile: Ambarchi l’aveva incrociato Luca Mauri anni fa a Milano e abbiamo ripreso il contatto proponendogli lo split. Lui ha accettato subito, senza nessuna esitazione, è stato davvero disponibile e cordiale. Lo stesso vale per Roden: il contatto questa volta ce l’aveva Luca Sigurtà, e anche lui è stato disponibilissimo e velocissimo nello scambio di opinioni. Insomma, siamo stati fortunati, o forse è vero che quando lavori con dei professionisti la differenza si sente.
Su Fratto9 López condivide uno spazio con Sigurtà, Boccardi si misura con Lawrence English e di voi ho appena parlato. Che significa? Che c’è parità ma c’è un pregiudizio sull’Italia che non la fa vedere?
Gianmaria Aprile: Penso che ormai i confini geografici e quindi anche quelli musicali non esistano più. Le scelte di English e López sono state scelte di Alberto e Luca, che io ho accolto naturalmente senza nessun problema. Nessun pregiudizio, ma forse a livello comunicativo e artistico qualche volta in Italia si pecca di arroganza e ci si fanno troppe paranoie quando bisogna collaborare.
Reverie esce in vinile. Vedo che molte band underground adottano questo schema qui: vendo/regalo mp3 su Bandcamp, poi solo vinile da portare in tour, perché ai concerti la gente quello se lo compra. Che dite?
Gianmaria Aprile: La scelta è stata dettata dalla Bocian, che ha un catalogo prevalentemente stampato su vinile. Diciamo che abbiamo dovuto lavorare un po’ sul mastering, perché molte frequenze erano fuori dalla “portata” del supporto vinile. Ma al secondo test press devo dire che il risultato è stato davvero buono. Il problema è che stiamo vivendo un periodo di cambiamento delle dinamiche del mercato e soprattutto del tipo di fruizione della musica. E quando sei nei cambiamenti devi adottare strategie che in qualche modo possano coprire le diverse richieste del mercato. È anche vero che non so quante persone si ascolteranno il nostro disco in formato mp3, ma dare la possibilità di assaporare i suoni per poi eventualmente comperarsi il vinile è una tecnica che spesso dà i suoi buoni frutti. Se mentre anche solo 10/15 anni fa il disco era il punto di arrivo di un progetto musicale, oggi ha perso molto di questo valore e diventa un mezzo per divulgarne il nome e la musica, aiutando poi il progetto a sviluppare nuovi contatti.