L.C.B., Aesthetics Of A Good Pornographer
Siamo nuovamente dentro il garage incrostato di Le Cose Bianche, a scoprire quale sarebbe oggi – ai tempi di Pornhub – l’estetica di un buon pornografo. Il proprietario ha un interesse dichiarato per i pionieri industrial italiani, specie quelli più estremi (penso si possa mettere Atrax Morgue nella lista), sia per il loro suono sia per la loro visione del mondo. Qui tutto è scabro(so) ed essenziale, disturbante (il monologo di “There Is A Pig In The Head”) e violento, sempre in apparenza con un approccio “less is more”. Non che (almeno non me ne sono accorto) Le Cose Bianche stia copiando da qualcuno, ma il modo di costruire le tracce non è qualcosa di mai pensato prima, dato che si tratta, in apparenza, di pochi loop che si espandono, anche come volume, e si riverberano e deformano all’infinito, mentre qualche inserto fragoroso rende più malefiche la tracce. Si direbbe – e non è un difetto – che a Le Cose Bianche importi soprattutto che il sound arrivi davvero crudo e sgradevole all’ascoltatore. Del resto, il “successo” dal Duemila in poi di tanto nuovo rumore americano sembra aver a che fare col suo essere brutto e inaccettabile più che qualcosa di effettivamente mai sentito prima, quindi se vale per loro, vale per tutti. L’edizione ultra-limitata in cassetta parla da sola di un’uscita per un giro di poche persone, come se si fosse consapevoli di parlare solo ai convertiti. Per fortuna che c’è lo streaming on line, perché mi sembra un lavoro sufficientemente onesto per procacciarsi qualche ascoltatore in più.