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JUNGBLUTH, Jungbluth

Jungbluth

Con gli Alpinist in stand-by, tre quarti della band tedesca si sfoga con questo interessante progetto (visto in azione a Recklinghausen insieme a Gottesmorder e Red Apollo), in procinto di uscire per la berlinese Vendetta Records. Il nome, a valere come dichiarazione d’intenti, è ripreso da Karl Jungbluth, comunista e antifascista tedesco attivo nella Resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale, il che la dice lunga sul dna della band e collega lo stesso alla scena hardcore da cui attinge a piene mani anche per quanto attiene alle sonorità prescelte. In realtà, l’hardcore, soprattutto nella sua declinazione più irrequieta di marca anni Novanta, è il punto di partenza ma non l’unica freccia a disposizione del trio, vicino per le asperità del linguaggio anche all’universo noise, particolare che emerge in modo netto anche durante l’esibizione live. A dir poco impressionante l’opera del batterista, che si dimostra al contempo tecnico e potentissimo, vero e proprio motore di una formazione sulla quale vale la pena puntare il mirino e dalla quale non è affatto difficile farsi conquistare. Nel continuo alternarsi di sfuriate e aperture slabbrate, gli Jungbluth dimostrano come certe sonorità possano ancora dirsi ricche di spunti interessanti e non debbano per forza rientrare nel mood nostalgia, soprattutto se prese come parte di un discorso complesso che sa spingersi oltre i suoni e si batte per mantenere in vita il senso più profondo della scena di provenienza, cioè l’indissolubile legame tra musica e azione, espressione artistica e ideologia. Con tali premesse, la curiosità di ascoltare il secondo capitolo della formazione sale sensibilmente. Siete stati avvisati.