JESUS FRANCO & THE DROGAS, 30/11/2013
Ancona, Glue-Lab.
Lo avevamo pronosticato e così è stato, i Jesus Franco & The Drogas dal vivo colpiscono duro: due chitarre, cazzutissima batteria (ridotta all’osso) e voce, attitudine punk e approccio noisy, un frontman che coinvolge il pubblico e convoglia energia come un parafulmine. La sala concerti del Glue-Lab è piena e in parecchi restano fuori a guardare dalla porta, la gente ha voglia di scordarsi della settimana lavorativa appena finita e di lasciarsi andare al suono di un rock’n’roll selvaggio, istintivo, che prende il passato remoto e lo tuffa nel presente a suon di feedback e adrenalina allo stato brado. C’è di che esaltarsi e chiedere a gran voce il bis, anche quando la batteria è crollata, anche quando il chitarrista è già al bar e loro rispondono senza farsi pregare (sanno di giocare in casa ma non si risparmiano di certo). Michele “Jesus Franco” si alza dalla batteria, stappa una lattina di birra e la versa in testa ai suoi compagni, la spruzza sul pubblico, dimostra come certa musica sia fatta per restare sotto pelle e non affievolirsi col passare degli anni, per diventare al contrario un tatuaggio da portare con sé tutta la vita. Refo alla voce perde strati di vestiario e sudore brano dopo brano, agita le maracas, parla con i presenti, ci scherza, si mischia al pubblico e cammina carponi, esibisce una fascia da kamikaze sulla fronte e si tuffa sulla batteria. Dovrebbe essere la fine del set, ma come si diceva poco sopra i quattro saranno costretti ad accontentare ancora una volta chi proprio non vuole saperne di andarsene. Durante tutto il concerto si poga e si applaude a scena aperta, per un tripudio dedicato a Jesus Franco e ai The Drogas, ad un altro di quei nomi che continuano indomiti a reiterare il culto della musica del diavolo con la D maiuscola. Prima e dopo, i solidali della Bloodysound Fucktory offrono un dj set a base di rock’n’roll e suoni malati, dal garage al punk senza lasciar fuori nessuno degli anthem scelti con maestria per far muovere il culo ai presenti, così la festa si trasferisce al piano di sopra di fianco al bar, tra bevute e cazzeggio, passi di danza più o meno coordinati e voglia di far baldoria. Sembrerà retorica, ma questa sera la musica ha assunto un aspetto reale, palpabile, ha contagiato i presenti e ha ribadito che – se di malattia si tratta – è incurabile, una vera e propria droga. Difficile lasciar fuori l’entusiasmo quando si deve descrivere una di quelle occasioni in cui si perdono almeno venti anni e si torna adolescenti dentro, in quanto al fuori (leggi fisico) ne paghiamo le conseguenze il giorno dopo, ma va bene così.