IMPERIAL TRIUMPHANT, Shrine To The Trident Throne
Già scritto mille volte: Emiliano Lanzoni della code666 – eccezionale label manager – non sbaglia mai quando va sul black metal, soprattutto se si mette alla ricerca di irregolari tra gli irregolari. Adesso ha trovato gli Imperial Triumphant a New York (che negli ultimi anni ha dato due o tre band originali e coi controcoglioni ai fan del genere) e ha pubblicato questo Shrine To The Trident Throne, che raccoglie alcune produzioni precedenti del gruppo. Se l’intento di Emiliano è quello di incuriosirci mentre gli Imperial Triumphant finiscono il nuovo album, allora ha stra-vinto, perché alcuni inciampi – legati più che altro all’ingenuità di chi è all’inizio – divengono straperdonabili. L’importante, con gli Imperial Triumphant, è chiarire subito l’equivoco: i paragoni “colti” stanno diventando delle forzature e non è il caso di farli solo perché ci sono artisti importanti come Stephen O’Malley che cercano di legarsi alle avanguardie storiche oppure geni come Ihsahn che parlano di Arvo Pärt in tutte le loro interviste. Stavolta viene chiamato in causa Penderecki, però, francamente, non si sa quanto la cosa abbia senso: magari in futuro gli Imperial Triumphant proveranno a fabbricare un suono “altro”, ma qui certi indovinatissimi interventi sono semplicemente funzionali a un discorso che rimane black. La band, senza farla troppo complicata, fonde vecchia scuola ad atmosfere e dissonanze di una pasta in effetti diversa dal solito, ma altrettanto sinistra, tanto che alla fin fine è molto più sincera quando tra le proprie influenze mette i Deathspell Omega. “Sodom” e “Gomorrah” (che idea, eh?), i brani più recenti degli Imperial Triumphant, lasciano capire tutto e ben sperare: aperture “ambient” quasi filmiche (“Shining”, a questo punto), seguite da cariche à la Satyricon di Nemesis Divina, spezzate da rallentamenti e passaggi strumentali imbevuti di nausea e malessere.
Voglio sentire anche il prossimo disco.