HOT WHEELS. Dischi, bobine e altri supporti girevoli fonoimpressi
Una rubrica che tratta di cassette, dischi in vinile e autoproduzioni di vario genere e formato. “Un’altra?”, direte voi. Sì, un’altra. Soprassedendo sulle motivazioni “profonde” che ci hanno guidati fino al suo concepimento, passerei invece a illustrarvi come abbiamo pensato di strutturare la cosa. Dopo esserci velocemente resi conto che fornire solamente la recensione, più o meno approfondita, di un’uscita piuttosto che un’altra avrebbe aggiunto non molto a quanto già detto e scritto da rubriche similari che da tempo girano su web e carta, si è pensato piuttosto di impostare Hot Wheels come un vero e proprio bollettino illustrato che farà la sua comparsa qui non più di due volte al mese, con l’obiettivo di segnalare le uscite che ci hanno incuriosito e, in certi casi, appassionato per motivi non solo strettamente musicali. L’attenzione sarà infatti rivolta al supporto fonografico in quanto oggetto complesso che si risolve ben oltre la sua funzione di medium sonoro o, se preferite, di contenitore musicale. In questo senso, si proverà a fornire al lettore una sorta di documento d’identità dei materiali segnalati: foto di artwork e packaging, link e indirizzi utili a rintracciare le uscite, interviste a coloro i quali hanno contribuito fattivamente a creare e mandare in giro i materiali segnalati (musicisti, grafici, etichette, artisti, etc.), mixtape mensili con tracce rippate direttamente da vinili e nastri, nonché info varie ed eventuali riguardanti i supporti trattati.
Un altro vezzo filologico che abbiamo pensato di concederci è quello di prendere in considerazione esclusivamente le uscite che possediamo in formato fisico. Scrivere di un 7”, di una cassetta o di un altro prodotto fonografico caratterizzato da una forte identità fisica ed estetica, oltre che sonora, dopo aver ascoltato la ormai classica, e praticissima, cartella contenente i file digitali corredati da artwork (digitale anche quello) ci è sembrato potesse in qualche misura risultare scorretto nei confronti di chi legge, ma anche di chi quel prodotto lo ha realizzato curandone i vari dettagli che lo rendono in qualche misura unico.
Ogni uscita di Hot Wheels sarà infine corredata da una breve sotto-rubrica intitolata Ten Years After. Andremo a scartabellare fra archivi casalinghi e vecchi scatoloni per riportare alla luce pepite fonografiche – dimenticate o mai troppo lodate – che fecero la loro timida comparsa all’incirca un decennio fa.
ENSEMBLE ECONOMIQUE / HEROIN IN TAHITI (Split LP, NO=FI Recordings & Sound Of Cobra)
TROUBLE VS GLUE, Die Trauerweide (LP, NO=FI Recordings)
Contatti: nofirecordings.blogspot.it
Roma Est, quartiere Pigneto e zone limitrofe, Fanfulla, Dal Verme, Alpacha Distro, Borgata Boredom, Spaghetti Wasteland. Tutti luoghi geografici e della mente che compongono una fra le più fervide e attive realtà del sottobosco capitolino (e non solo). Ed proprio la NO=FI Recordings del mitico Toni Cutrone, etichetta-simbolo della “borgata”, che un paio d’anni fa consegnò ai posteri il 12” dal titolo programmatico Borgata Boredom: Music And Noise From Roma Est (qualcosa di paragonabile ad una No New York assemblata dentro un garage fetente sulla Casilina Vecchia), a marchiare due delle uscite più interessanti dei mesi scorsi.
È un split lp co-prodotto con la Sound Of Cobra a custodire il ritorno del duo romano Heroin In Tahiti, affiancato per l’occasione da Ensemble Economique, progetto dell’americano Brian Pyle, già su etichette-culto quali Not Not Fun e Digitalis. Apre le danze quest’ultimo con un boogie oppiaceo fra Gun Club e Dirty Beaches che va avanti barcollando tra voci sfocate dal riverbero e chitarre da due soldi sature e puzzolenti di alcol scadente comprato dal bengalese sotto casa. A seguire, ancora languore e tinte noir, surf catatonico e desolazione. Mi ricorda parecchio il progetto Heroin And Your Veins (se vi piace il genere recuperate il suo Lovely Bone Structure in free-streaming su Bandcamp). Si chiude con “Désir, Desire”: 8′:17” di suoni sintetici e minacciosi che fanno da colonna sonora a una versione di “1997: Fuga da New York” girata nel quartiere EUR. Vado diretto al lato B, curioso di riascoltare lo “spaghetti wasteland” (a proposito, vi consiglio di dare un’occhiata all’omonima pagina su Facebook) del duo formato da Valerio Mattioli e Francesco de Figuereido (autore dell’artwork). Si fa sempre un gran parlare di “cinema per le orecchie”, “colonne sonore immaginarie” e altre etichette simili, spesso a sproposito oppure per liquidare in velocità musiche che sembrano sottendere ad immagini filmiche esistite, va da sé, solo nella fervida mente del recensore di turno. Bene, gli Heroin In Tahiti tolgono il malcapitato di turno (in questo caso me) dall’ingrato compito: Black Vacation è un film vero e proprio. Punto. E considerando le dichiarate influenze sulla musica del duo di certo cinema italiano di genere, la cosa non stupisce più di tanto. Ogni vacanza che si rispetti inizia da un aeroporto, e il tandem di regia Mattioli-de Figuereido lo sa benissimo: annunci di voli in partenza per destinazioni esotiche (“Departing”) ci comunicano che il viaggio è iniziato. Arrivati a destinazione (“Welcome To Paradise Island”), suoni exotici e moderatamente twangy si mischiano all’ambiente circostante e alle risate dei protagonisti che si apprestano a godersi la vacanza. Appena dietro la spiaggia la fitta vegetazione delimita l’inizio della giungla (“At The Edge Of The Jungle”). I nostri decidono di spingersi oltre accompagnati da melmosi suoni elettronici e frinire di cicale in sottofondo. Ed è qui che, come nel più classico dei mondo movies, il pericolo si palesa (“Whispers From The Quicksand”). Non è dato sapere cosa accadde di preciso agli incauti vacanzieri. Di certo non rividero mai più sorgere il sole (“Blood Before Dawn”).
Sempre su vinile nero tirato a 300 copie esce il nuovo lavoro di uno dei gruppi-feticcio dello sconquassato pentolone Borgata Boredom: Trouble Vs Glue. Duo equamente genderizzato, Lui (Trouble) pesta su batteria e synth (spesso in contemporanea) e canta, Lei (Glue) invece maltratta chitarre, campionamenti e chincaglieria cheap di natura imprecisata, cantandoci sopra con voce monocorde e infantile. Ne vengono fuori dieci tracce che vanno avanti per poco più di mezz’ora mescolando chitarre (no) wave, ritmi danzerecci e melodie minimal-synth altamente godibili, che ti rimangono incollate in testa dopo un paio di ascolti. Il tutto condito con una buona dose di approccio dadaista a tinte teutoniche (Felix Kubin docet) e un’ottima perizia strumentale.
PLUTONIUM BABY, S/t (CS, Welcome In The Shit Records)
Contatti: welcomeintheshitrecords.blogspot.it
Sempre da Roma arriva la cassetta rosa-BigBabol con tiratura limita a 69 copie (visto che è uscita alcuni mesi fa, ci sta pure che sia esaurita, provate comunque a scrivere due righe qui: welcomeintheshit@hotmail.it) del trio Plutonium Baby, formato da Daniela Black Guitarra (in uscita libera dalle Motorama), Fil Sharp e Feith. La tape in questione, che segue di circa un paio d’anni l’esordio del combo sul 7″ split condiviso con Margaret Doll Rod, ci riporta diretti proprio in quelle zone malfamate tanto care a personaggi come Mick Collins, Gories e Demolition Doll Rods. La presenza di un synth sgangherato che sputa adorabili motivetti a ripetizione rappresenta la novità più evidente rispetto all’integralismo analogico/lo-fi tipico del genere. Per il resto è tutto in regola: durata superbreve (4 pezzi, 10 minuti circa la durata complessiva), qualità di registrazione in cessofonia, copertina fotocopiata e artwork disegnato a mano. Chiamatelo synth-garage, shit-garage, garage-punk o come vi pare, ma recuperate questo nastro.
LUCA SIGURTÀ / PANICSVILLE (LP one sided, Fratto9 & Kinky Gabber)
contatti: www.fratto9.com
Altro gran bel pezzo di vinile in giro già da diversi mesi è il 12″ one-sided (picture sul lato B) condiviso dal sempre più attivo, e non intendo solo in termini quantitativi, Luca Sigurtà (split e collaborazioni, fra gli altri, con Oren Ambarchi, Claudio Rocchetti, Francisco López e Steve Roden) e il progetto Panicsville, guidato dall’americano Andy Ortmann. Parte Sigurtà con “Hookers”, un macilento numero industrial 2.0 che avanza vagamente affannato sulla linea guida di un beat che si protrae per tutta la traccia, conferendo compattezza e senso di marcia. Il tutto è contrappuntato da suoni analogici e cheap di nastri accartocciati, giocattoli sonori e altre diavolerie simili. Alcune aperture tastieristiche mi hanno ricordato una versione meno pompata e più dopata dei Fuck Buttons. Per Panicsville, invece, vale quanto detto poco sopra a proposito del nuovo lavoro degli Heroin In Tahiti. Giusto per capirci, la traccia che riempie lo spazio rimanente del 12″ è intitolata “Paura Nella Città Dei Morti Viventi (Dedicated To Lucio Fulci)”. L’omaggio è totale e sincero. Si tratta infatti di una vera e propria sintesi sonora in forma di collage del mitologico film del regista romano: riferimenti espliciti a Fabio Frizzi, Vince Tempera e ad altri protagonisti delle sonorizzazioni horror dei primi anni Ottanta, campionamenti vocali estrapolati dal film, tanto amarcord e devozione in stile Umberto. Davvero un piccolo capolavoro audiovisivo da avere a tutti i costi. Edizione limitata a 100 copie.
ARRINGTON DE DIONISYO / DEVASQUARTET, Tape Crash #3 (CS, Old Bicycle Records)
LUCA SIGURTÀ with PRAYING FOR OBLIVION / TORBA, Tape Crash #4 (CS, Old Bicycle Records)
HARSHCORE & DER EINZIGE, Live In Graz – Tape Crash #5 (CS, Old Bicycle Records)
POLVERE, The Polvere’s Farewell (CS, Old Bicycle Records & Fabrizio Testa Produzioni)
Contatti: oldbicyclerecords.blogspot.com – oldbicyclerecords@gmail.com
Attiva da poco meno di due anni, l’etichetta italo-svizzera Old Bicycle Records guidata da Vasco Viviani si sta ritagliando con convinzione e dedizione sempre maggiori un “posto al sole” fra gli spacciatori di supporti fonografici autoprodotti in limitatissime edizioni. Andiamo a dare un’occhiata random al catalogo OBR. Fiore all’occhiello è la serie di tape-split denominata “Tape Crash”, che accoglie al suo interno musicisti e progetti provenienti da ambiti musicali (e collocazioni geografiche) anche piuttosto distanti fra loro (noise, impro, folk, etno, elettroacustica…), accomunati però da un’attitudine free form e trasversale.
Il volume n. 3, ad esempio, mette sullo stesso nastro un caotico quadretto etno-free jazz dell’iperattivo Arrington De Dionisyo (accompagnato dai musicisti indonesiani Javanese Music Ensemble) con le disgressioni fake-jazz/impro in bassa fedeltà del Devasquartet.
Collaborazioni assortite anche per il volume n. 4. A riprocessare le nebulose frattaglie harsh-noise in putrefazione di Praying For Oblivion è infatti Luca Sigurtà. Non si discosta di tanto il discorso sonoro portato avanti da Torba con le due tracce a suo nome presenti sul secondo lato di questa poco docile tape color bianco panna: interferenze elettroacustiche in loop, nastri martoriati, autismi vocali assortiti, deflagrazioni materiche di stampo noise-industrial e tanto wolfeyes-ismo fuori tempo massimo.
Il volume n. 5 è invece la testimonianza di un live set del 2009 presso il Mittwochs Exakt di Graz, in Austria. Il lato A è condiviso con due pezzi a testa dal progetto Der Einzige di Matteo Uggeri (Sparkle in Grey) e dal duo Harshcore formato da Luca Sigurtà e Tommaso Clerico: per il primo si tratta di un limbo sonoro dove concretismi, field recordings assortiti, tastierismi carpenteriani, microfoni a contatto e una tromba altezza Hassel/Davis elettrico si strusciano aspettando il giudizio universale. I secondi, invece, alzano il tiro partendo con ritmiche incalzanti fradice di rumore molesto e interferenze elettroacustiche che vanno a dissolversi rovinosamente sulle note di una tromba singhiozzante, che sostiene le urla disperate sputate da non so quale attore in non so quale film. Sul lato B i tre musicisti si uniscono sullo stesso palco sviluppando sulle medesime coordinate quanto detto prima.
La quarta tape targata Old Bicycle Records che gira sul mio glorioso walkman Panasonic RQ-L11 è l’ultimo, a quanto pare in tutti i sensi, bellissimo lavoro del duo Polvere, formato da Mattia Coletti e Xabier Iriondo. Non si discostano di molto da quanto già detto nelle precedenti uscite sulla breve distanza (un cd 3″ e un vinile 10″ ambedue per la gloriosa Wallace Records di Mirko Spino): chitarrismo folk di stampo vagamente faheyiano farcito da field recordings polverosi, percussioni sfasate e i consueti strumenti a corda di Iriondo che mettono a fuoco le caracollanti strutture dei brani. Consigliatissimo.
Di seguito il resoconto di una breve intervista con il buon Vasco di Old Bicycle Records. Cronistoria dell’etichetta e succose anticipazioni sulle prossime produzioni targate OBR.
Quando e come nasce Old Bicycle Records?
Vasco: Old Bicycle Records nasce durante il corso del Tagofest del 2011, quando Matteo degli Sparkle In Grey mi chiese se fossi stato interessato a co-produrre il loro disco Mexico, con un’altra etichetta con la quale sono coinvolto, Pulver Und Asche Records. La cosa non andò in porto con P&A e, di getto, aprii OBR. In seguito, avendo un’etichetta aperta mi dissi, “perché non fare dell’altro?”. E così sono sempre andato avanti…
Perché proprio la cassetta? Cosa rappresenta per te, al di là della sua funzione di contenitore sonoro, questo supporto? Che parere ti sei fatto sulla sua riabilitazione, specialmente in ambito di autoproduzioni?
Vasco Viviani: Allora, diciamo che inizialmente è stata una scelta legata alla nostalgia (canaglia). Da imberbe, sul motorino che mi portava alla stazione in orari improbabili ero spesso accompagnato dal mio walkman, vi ero affezionato. Col tempo ho addirittura scoperto che io ed il walkman abbiamo la stesa data di nascita, il 1979… ero predestinato! Trovo sia un supporto snello, comodo e che non necessita di eccessive tirature, con la stessa dignità di un cd e con possibilità molteplici, come quello di poterle registrare con un qualsiasi impianto stereo e senza l’ausilio di un computer, strumento indispensabile ma con il quale non vado molto d’accordo! Trovo che le cassette abbiamo un loro mercato e ne sono estremamente felice… non costano molto e sono belle, che si vuole di più?
Ho appena dato un’occhiata al catalogo OBR. In pratica c’è dentro di tutto: Polvere, Devasquartet, Arrington de Dyonisyo, Harshcore, Torba, Mike Cooper, Sparkle In Grey e tanti altri. Presumo non ci siano tratti stilistici che li leghino assieme in qualche modo, come decidi quindi chi sta su OBR e chi no?
Domandona questa… in realtà è semplicissimo! Nella maggior parte dei casi sono io a cercare gli artisti e quindi il tutto dipende da una faccenda personale come il mio gusto; avendolo piuttosto ampio questo è il risultato… quando invece vengo sollecitato da progetti, che magari non conosco, valuto quanto potrei essergli d’aiuto e se OBR possa essere la casa adeguata… recentemente mi è capitato di “rifiutare” un disco, splendido, proprio perché a mio parere non avrebbe fatto fatica a trovare visibilità maggiore con un altro tipo di etichetta.
Ovviamente non ti scucirò mail il nome del gruppo in questione… o no?
Per me nessun problema, si chiama This Vampire Summer ed è veramente bellissimo. Secondo me quando uscirà farà proprio il botto!
Ok, investigherò. Tornando a OBR, come riesci a rimanere a galla fra costi, spese e uscite varie delle quali spesso e volentieri non rientri neppure a pari?
Allora… qui si apre un discorso “complicato”. Il rientro economico è ovviamente importante per tenere in piedi la baracca e spesso i canali di vendita sono quello che sono: in compenso faccio spesso dei cambi con altre label e musicisti, per dischi e nastri che idealmente comprerei… diciamo che spendo preventivamente per ricevere in materiale più tardi. Poi, quando le persone risultano essere felici del lavoro svolto le soddisfazioni sono impagabili: una recensione fatta bene, la richieste di un’intervista, sono cose che apprezzo molto e che mi ripagano del lavoro svolto e del soldo!
A questo punto volevo chiudere chiedendoti quali sono i progetti futuri di OBR, prossime uscite, progetti a lunga scadenza, collaborazioni…
Ok, di stabilito al momento ho l’uscita imminente dello split fra Soft Black Star & Zeno Gabaglio/Mike Cooper, attualmente in stampa. In seguito uscirà l’album su cd Batalha, una collaborazione fra Matteo Uggeri e Nuno Moita. Si lavora anche su uno split live fra Bob Corn e My Dear Killer e, per inizio 2014 se tutto va bene, un 7″ o 12″ di old time jazz songs fra Pussywarmers e Ronin, a seguire uno split fra Camillas ed Ergo Phizmiz. D’altra parte ci sono i prossimi dischi degli Sparkle In Grey e, se tutto va come deve andare, a fine 2014/metà 2015 OBR dovrebbe morire, lasciando, spero, una traccia positiva.
No… vuoi dire che OBR ha la data di scadenza?
Beh, come tutte le cose buone… saremmo mica una scatola di fagioli di quelle che durano in eterno… in realtà penso sia meglio così, tre-quattro anni a fuoco a fare il meglio che si può, poi basta! Ma non c’è da preoccuparsi, che fino alla fine speriamo di riuscire a sorprendervi!
Le premesse ci sono tutte. Grazie mille Vasco. Vuoi aggiungere qualcosa?
Che dire ancora? Grazie mille per l’intervista a voi di The New Noise e, per tutti gli altri, cercate bene in soffitta od in cantina, che un walkman in casa ce l’avete di sicuro! Magari due-tre consigli per l’ascolto: date un occhio alla Show Me Your Wounds Productions, al Portogallo che dà sempre buoni frutti e ai lama laici.
CLAUDIO ROCCHETTI, The Fall Of Chrome (libro + CS, Musica Moderna)
Contatti: www.musica-moderna.org
The Fall Of Chrome è un imponente progetto partorito dalla fervida mente di Claudio Rocchetti e realizzato in collaborazione con una nutrita lista di musicisti, artisti e giornalisti – nell’arco di circa otto anni – costituito da un volume di 93 pagine contenente una musicassetta in allegato. L’idea alla base del tutto nasce, come dichiara lo stesso Claudio, in seguito a un periodo di crisi creativa, risolta nel supporto audiovisivo in questione. Brendan Murray, Riccardo Benassi, Howard Stelzer, Marcel Turkowsky, Jérôme Noetinger, Lionel Marchetti, John Olson e Aaron Dilloway, Massimiliano Bomba, Kam Hassah, Maurizio Bianchi, Francesco Cavaliere, e tanti altri, contribuiscono dando la loro personale interpretazione di ciò che il nastro magnetico, inteso nelle sue molteplici declinazioni estetiche e tecnologiche, ha significato all’interno del loro percorso espressivo. Stimolato dalle domande di Rocchetti, ognuno dei partecipanti fornisce così materiale che non si limita solamente all’aspetto sonoro. Anzi, in molti casi l’esperienza legata al nastro magnetico è rappresentata attraverso fotografie di nastri sbobinati (Jérôme Noetinger e Liz Racz), illustrazioni realizzate a mano di alcuni modelli di registratori a nastro (Joseph Hammer), collage di immagini in bianco e nero (Kam Hassah), descrizioni dettagliate dei primi approcci creativi avuti con il nastro magnetico (Brendan Murray) oppure brevi frasi che illustrano il processo che genera l’opera sonora in sé (Claudio Benassi). Per realizzare la traccia sonora contenuta nella tape in allegato Rocchetti ha attinto da uno sterminato archivio sonoro costituito dal materiale audio contenuto nei nastri recuperati fra polverosi mercatini dell’usato, da registrazioni da lui stesso realizzate durante la ricerca di questo materiale e da frammenti audio estrapolati da registrazioni di alcuni suoi live set. La composizione viene infine riversata sopra gli stessi nastri delle 300 musicassette collezionate per l’occasione, aggiungendo così un nuovo strato di memoria sonora, che in alcuni punti lascia trasparire le incisioni sottostanti. Seguendo questa prassi ogni copia di The Fall Of Chrome è differente in quanto a durata e contenuto sonoro. Opera ambiziosa e unica che fornisce un punto di vista inedito sull’argomento.
Ten Years After
OLD TIME RELIJUN, King Of Nothing (7”, Wallace Records, Tennis Records)
Contatti: www.wallacerecords.com/king-of-nothing
Parlando di autoproduzioni italiane ai tempi, o forse sarebbe meglio dire agli albori di internet, non si può fare a meno di tirare in ballo una delle etichette più prolifiche e qualitativamente di alto livello fra quelle che iniziarono a spuntare come funghi tra la fine degli anni ’90 e i primissimi ’00: la Wallace Records del grande Mirko Spino, con base a Trezzano Rosa (MI). Basta dare un’occhiata veloce al catalogo (http://www.wallacerecords.com/catalogue) per capire la caratura dei personaggi che vi si sono avvicendati: Zu, Bachi da Pietra, Claudio Rocchetti, Fuzz Orchestra, molti fra i progetti portati avanti da Xabier Iriondo, Fabio Magistrali, Andrea Belfi, Paolo Cantù e Mattia Coletti e tantissimo altro. Pensate che il buon Mirko nel 2001 pubblicò anche il terzo disco della futura pop-star Bugo. Il secondo lo diede alle stampe un’altra storica etichetta (anch’essa ancora viva e super vegeta) della quale si parlerà nelle prossime uscite di Ten Years After. Di tanto in tanto però la Wallace veniva fuori con delle puntate internazionali – spesso in co-produzione, come in questo caso con la romana Tennis Records – tanto centellinate quanto azzeccate. Il 7” che ho rimesso sul piatto per l’occasione è King Of Nothing dei mai troppo lodati Old Time Relijun, da Olympia, Washington DC. Si tratta di un singolo a 45 rpm stampato su vinile pesante e custodito dentro un bellissimo gatefold in cartone color porpora a busta con apertura verticale. Come di consueto, l’edizione era limitata a 500 copie e riportava sul fronte di copertina quattro diversi artwork realizzati dallo stesso Arrington De Dionisyo. L’artwork interno, invece, è uguale per ogni copia stampata. Registrato presso i mitici Dub Narcotic Studios di Olympia nel 2000, King Of Nothing uscì su Wallace nel maggio 2001, in occasione del tour europeo della band, e conteneva tre brani per una durata complessiva di circa otto minuti. Sul lato A parte sparato il pezzo che da il titolo al 7” – già contenuto nell’album del 2000 Witchcraft Rebellion, su K Records – una scheggia molesta di no-wave/funk che farebbe agitare anche Casaleggio; sul lato B due brevi numeri intitolati rispettivamente “The Book Of Life And Crime (Mysterium Remix)” e “Dry Bones Drum N Bass”, rimescolati dalla sapiente mano dub-elettronica del produttore Calvin Johnson (Jon Spencer Blues Esplosion, Make Up, The Go Team…). Se vi va di spendere un paio di carte rosa con su scritto ‘10 euro’, qualche copia in giro ancora si trova. Io ve lo consiglio, poi fate come vi pare.