FUCK BUTTONS, 25/9/2013
Bologna, Locomotiv Club.
Entrando al Locomotiv, poco prima che inizino a suonare i Fuck Buttons, ci si chiede come sarà possibile vedere qualcosa, data la notevole mole di gente accorsa per acclamare uno dei gruppi più in voga del momento. Il locale è già caldo, le basi sono già state messe dalla coraggiosa performance di Zan Lyons, che ha mischiato laptop music a un violino suonato da autodidatta. Fortunatamente la folla non è troppo ammassata e riusciamo a portarci abbastanza vicino al palco. Si comincia.
Nonostante questo gruppo formato da Andrew Hung e Benjamin John Power – che si muove tra sperimentazione, post-rock, elettronica, drone/noise – all’inizio fosse un progetto per suonare dal vivo, è dopo ben cinque anni di assenza dai palchi italiani che i Fuck Buttons si ripresentano nello Stivale per due nuovi spettacoli (Roma e Bologna). Ed è proprio di questo che si tratta quando si ha a che fare con uno show del duo di Bristol: spettacoli. Non è solo musica dal vivo, ma una vera e propria esibizione audiovisiva. I suoni, già avvolgenti per conto loro, vengono completati da un set video raramente contemplabile. Con l’aiuto di due Kinect (quelli per l’X-Box), Hung e Power proiettano le loro ombre riempite di pattern colorati su uno schermo, inserendole in clip acidi e dinamici che ricordano il concept Fort Thunder di Providence. Il tutto è completato da una disco mirror ball, la cui luce riflessa va a intaccare il pannello di proiezione retrostante, modificando ulteriormente le immagini. Il resto della scenografia è affidata a luci e macchina del fumo, che – manipolate con grande maestria – sono la ciliegina sulla torta ad un set completo a regola d’arte.
Il concerto inizia con “Brainfreeze”, prima traccia del discussissimo terzo album Slow Focus, uscito da poco e prodotto in cd e doppio lp da ATP Recordings, etichetta che ha pubblicato tutti i dischi del gruppo. Già dai primi beat si capisce che l’esperienza varrà i 15 euro dell’entrata. L’esecuzione è impeccabile, la coppia concentratissima: posti uno di fronte all’altro, Andrew e Benjain si muovono con decisione sopra vari generatori e distorsori, mentre le luci accattivanti attaccano la platea accecando la mente e aiutandola a entrare nel lussuoso mondo di suoni che ci aspetta. Il set, però, non si rivela esclusivamente elettronico. Infatti, dopo aver suonato “Surf Solar” dall’album Tarot Spot (2009, ATP Recordings), Power utilizza dei timpani per la percussiva “Colors Move”, traccia finale del primo full length Street Horrrsing (2008, ATP Recordings), scaldando visibilmente gli animi dei presenti, che cominciano a darsi da fare un po’ di più sotto il palco, ma senza mai eccedere (purtroppo). Il concerto prosegue come un chiodo battuto nel nostro cranio fino ad arrivare al singolo di Slow Focus, “The Red Wing”: un loop minimale di quasi otto minuti particolarmente azzeccato, protagonista di una composizione che va in crescendo più di quanto ci si aspetti tra glitch e drone atmosferici, senza mai abbandonare la struttura melodica su cui si basa, e dal vivo ci si fa tutto questo trip; dopo una leggera variazione iniziale, non si sa se voluta, i Fuck Buttons riescono a far friggere i suoni più che mai, ricreando quell’atmosfera impeccabile che li caratterizza. Il finale, dopo un’ora di live, è affidato a “Hidden XS”, altra perla dell’ultimo lavoro, eseguita in modo fisico dalle tastiere di Hung. Il duo si scalda e i movimenti si fanno incalzanti, contagiosi, facendo ammalare il suono, tramutandolo in virale harsh noise HD che viene “lasciato a se stesso” per dare modo alla coppia di tornare guarita dietro le quinte, mentre il pubblico applaude entusiasta per la coloratissima esperienza “regalataci”, ma il sipario non cala (letteralmente, il sipario c’è) e dopo pochi secondi di pausa i Fuck Buttons escono richiamati da grida di supplica per un bis e altri fortissimi applausi, regalandoci dieci minuti di preziosa gioielleria, tema portante della loro ultima fatica. Lo spettatore apprezza e ringrazia ballando, facendo headbanging e accennando a un timido pogo, che non si è mai (ripeto: purtroppo) sviluppato del tutto. Anche questa volta gli ultimi minuti sono lasciati a una pesante improvvisazione harsh, molto apprezzata, che ci fa sentire ancora quella modulazione di suono così perfetta. Poi il sipario cala davvero e subito dopo il dj ci fa sentire il fruscio dei suoi dischi, ma pochi sono quelli che si fermano a ballare, perché il Locomotiv (strapieno) si è surriscaldato durante il concerto e la gente ha deciso di andare a prendere una boccata d’aria. Uscendo buttiamo un occhio sulla distro dove sono in vendita cd, magliette, ma il doppio lp è già sold out. Fuori non si può che discutere sulla soddisfazione lasciataci dal questi Fuck Buttons.
Grazie a Marcello Lotti per averci permesso di usare le sue foto.