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FATHER MURPHY, Croce

FATHER MURPHY

Il percorso a ritroso verso una formula sempre più primitiva e viscerale viene qui sostanziato in maniera pressoché definitiva. D’altronde i cambiamenti si avvertivano già nei precedenti Anyway Your Children Will Deny It e soprattutto in Pain Is On Our Side Now, dove si cercavano nuove strade mentre si attraversava al buio una parte di inevitabile – e nuovo – percorso (vedi alla voce abbandono del batterista, Vittorio Demarin). Croce esce per l’americana Flenser (Botanist, Boss-De-Nage, Kayo Dot, in generale trattasi all’apparenza di una label “distante” da quelle per le quali ha solitamente pubblicato il gruppo veneto) e s’immette senza timore alcuno in un solco che comunque simboleggia sofferenza e senso di inesorabilità, immersi nelle consuete atmosfere sinistre. “Blood Is Ticker Than Water” fa da classico e oscuro apripista, ma si ascoltino pure la chitarra fiera di “In Solitude” o la discesa agli inferi della successiva “Long May We Continue”, come Nick Cave che duetta con gli Swans più apocalittici. Per rimanere in tema di fine imminente, “We Walk By Faith” è una traccia dove si prova a lavorare in maniera più libera dal solito canovaccio, ma la matrice stilistica dell’intero album rimane riconoscibile. Man mano, poi, che ci si addentra nel loro mondo, vengono meno le parole (la sacrale chiusura di “They Won’t Hurt You”), si cerca probabilmente un sistema per svincolarsi da una forma-canzone che a loro stessi a volte sembra star stretta, e questo significa molte cose: una tra tutte il fatto che guardano avanti senza curarsi troppo di dove possano potenzialmente arrivare (o perdersi). Quasi inutile sottolineare che il viaggio intrapreso è di quelli impervi, dall’indubbio fascino, e certamente complesso, che in pratica dà soddisfazione durante il “cammino” vero e proprio. E al netto dei pezzi stessi, i Father Murphy rimangono un gran gruppo, non c’è che dire.