THE DAYS ARE BLOOD, Domfote Receive 360.0 Vaaler
Strana creatura sonora quella che si cela dietro al nome The Days Are Blood, nata dall’incontro tra due personalità onnivore ma dagli approcci quanto mai differenti, seppure animati dalla (non) comune capacità di spaziare attraverso generi e stili, senza per questo mancare di personalità. Entrambi attivi come agitatori della scena locale sin dagli anni Ottanta, non solo come musicisti ma anche come motori di label, ‘zine, sale prove, studi di registrazione e altro ancora, nonché autori di innumerevoli dischi da soli e in gruppo, gli artefici di questo debutto hanno deciso di far scontrare la fisicità della batteria con la dilatazione spazio/temporale di ambient e drone, oltretutto invertendo la funzione primaria degli strumenti coinvolti, con la scelta di affidare alla chitarra un ruolo contenitivo e di lasciare la batteria completamente libera nell’intervenire a suo piacimento. Pur nel suo approccio minimale e solo apparentemente statico, il lungo brano che compone Domfote Receive ha dalla sua più cambi di tensione e una struttura in crescendo che non condiziona comunque l’andamento delle percussioni, il cui percorso non è mai normalizzato e non s’incasella nell’usuale continuità della battuta. La crudezza dei suoni di batteria non processati conferisce al risultato finale un effetto a tratti spiazzante, anch’esso parte costitutiva di un progetto che si pone come provocatoria unione di elementi già visti collidere (ambient, drone-doom, stoner…), ma qui lasciati interagire secondo modalità peculiari. Vale la pena ricordare come il brano sia nato per l’esecuzione live, sede in cui l’effetto straniante viene aumentato dalla proiezione di video e dalla quasi totale oscurità che circonda i musicisti. Di certo, c’è ancora da aggiustare il tiro e oliare a dovere la macchina, ma The Days Are Blood dimostra di avere potenzialità e larghi margini di manovra per colpire nel segno con la giusta precisione.