CYCLOBE, The Visitors
Il sacro libro della Genesi afferma che Dio, da una costola d’Adamo, creò la donna, chiamandola Eva. Parafrasando si può quindi scrivere che, da una costola dei Coil – la storica band inglese creata dai compianti John Balance e Peter Christopherson – nasce, nel 1999, con l’album Luminous Darkness, il progetto Cyclobe, duo britannico formato da Ossian Brown (vero nome Simon Norris) e Stephen Thrower.
Dunque, scrivendo ciò, non stiamo facendo una gara a chi arriva primo o tanto meno affermando quale delle due band sia migliore, sia chiaro, anche perché non spetta a poveracci come noi dirlo, quindi ci fermiamo alle poche parole che Brian Eno disse riguardo ai Cyclobe: una band dal suono decisamente sui generis. Possiamo però sostenere – senza essere presuntuosi, eretici e blasfemi – che, avendo avuto in passato parecchie collaborazioni con alcuni mostri sacri della scena sperimentale inglese – su tutti Nurse With Wound e Current 93 – Norris e Thrower abbiano incamerato e impreziosito il proprio stile sonoro con alcune delle peculiarità che contraddistinguono i sopraccitati artisti (ad esempio i caotici tape-loop a carattere noise/industrial di Steven Stapleton, ovverosia mister Nurse With Wound, o il glaciale esoterismo dei Coil), rendendolo così unico. In poche parole: l’incontro/scontro tra il fiabesco a tinte noir, subdolamente nascosto nei racconti dei fratelli Grimm, e il cupo terrore fantascientifico à la “Alien” di Ridley Scott o quello di qualche pellicola da psiche contorta di Cronenberg (vedi “Spider”).
The Visitors è la ristampa di un disco che originariamente uscì nel 2001. Oggi è proposto in due edizioni – vinile e doppio cd – tramite la Phantomcode, l’etichetta creata dagli stessi autori solo ed esclusivamente per produzioni a marchio Cyclobe.
Apre i giochi “Sentinels” coi suoi rumorismi “glitch” in perfetto stile NWW, districandosi tra acute e dissonanti note di hurdy-gurdy, o ghironda che dir si voglia, e mareggiate noise di purificazione, iniziale e finale. Nel suo incedere caotico e caustico, a tratti tagliente e per certi versi inquietante, risulta un brano dal forte piglio cosmico-meditativo. Le corde del violino stridule, necrologiche e koppiane (Hermann Kopp) di “Calina De La Mare” e il caloroso violoncello di Sarah Wilson conferiscono a “Brightness Falls From The Air” tonalità meste, (nuovamente) da cinema horror, adatte per sonorizzazioni di silenti lungometraggi anni Venti che tanto vanno di moda in questi ultimi anni (Death And Vanilla e KTL) o, meglio ancora, per le pellicole del controverso regista Derek Jarman, già magnificamente affrontate dai due col trittico Sulphur-Tarot-Garden.
Seguono poi le incursioni aliene – con annesse abduzioni notturne – di “First Memorable Conversation With A Chimera”, il pianeta Melancholia di Lars Von Trier che, prima della violenta collisione, mostra la propria faccia nascosta e tenebrosa in “If You Want To See That Nothing Is Left”, e le frequenze modulate ad hoc di “Strix Nebulosa”, per una sorta di caos ciclico, un traffico cittadino da ora di punta di una metropoli spaziale che s’interseca con una lussuosa cosmicità dal tocco esotico e soft. Chiude la suite dark-ambient spettrale e siderale di “The Body Feels Light And Wants To Fly”. Spore assassine – rilasciate dopo l’impatto di un astro celeste – trasportate da un vento radioattivo, aleggiano per la tossica e opprimente atmosfera terrestre in un perfetto scenario post-atomico, rievocando così spaccati apocalittici à la “Dissipatio H.G.” e inquietanti effetti sonori da ”Il giorno dei Trifidi”.
Il bonus cd è composto di un’unica traccia dal titolo “Son Of Sons Of Light”, registrata nel 2013 e che si fa notare per le (quasi) droniche sonorità di una cornamusa, imbracciata per l’occasione da Michael York. È uno di quei brani che fanno sognare. Mandano a dormire gli ospiti mentali – appunto The Visitors – che albergano abusivamente nel cervello, e tramutano i pensieri onirici in brevi istantanee di luoghi ancora inesplorati, quelli che tanto si desidera conoscere. Certo, con le cornamuse sarebbe assai facile desiderare di girovagare in solitaria tra le nebbiose e verdi highlands scozzesi, sorseggiando un’ottima bottiglia di whisky e ammirando il piacevole volteggiare di un’aquila reale, tutti scatti fotografici che comunque non sarebbero da buttar via, ma sta di fatto che, per colui che vi ha scritto quest’orrendo articolo, la suddetta canzone ha immediatamente disegnato sbiadite immagini in acquerello del monte Ararat, cartoline in bianco e nero di paesaggi innevati e dalla scarsa densità di popolazione della lontana Armenia, i lunghi, avvolgenti, caldi e malinconici suoni del duduk e, infine, gli ipnotici e dolci tratti somatici femminili da mezzaluna fertile (il soprano Isabel Bayrakdarian), quelli al sapore di mandorla, menta e miele, che da queste parti piacciono così tanto.
Che cosa dire di più? Nulla, se non ribadire il concetto espresso da Eno. Cyclobe: una band sui generis.
Tracklist
01. Sentinels
02. Brightness Falls From The Air
03. First Memorable Conversation With A Chimera
04. If You Want To See That Nothing Is Left
05. Strix Nebulosa
06. The Body Feels Light And Wants To Fly
07. Replaced By His Constellation
08. Son Of Sons Of Light