CRISTIAN NALDI

Naldi

Approfondiamo la conoscenza di Cristian Naldi, chitarra dei FULkΔNELLI. Spettro, uscito per Setola Di Maiale e Lemming Records, è una pubblicazione che si fa notare per la perizia tecnica, ma soprattutto per l’idea di fondo che la ispira: creare atmosfere tese e cinematografiche piuttosto misteriose, lavorando sullo scheletro del suono (una sorta di blues “fantasma”), senza dimenticare una dose di originalità (vedi alla voce immaginari esoterici e quella copertina) e restando in disparte rispetto a certe uscite di stampo, diciamo impro-noise, più classico. Leggetevi le sue risposte. Non manca una sorpresa nel finale.

In ultimo lo ringraziamo per le foto che ci ha concesso di pubblicare.

Ciao Cristian. Ti chiedo subito come è stato accolto Spettro, e se sei soddisfatto del risultato finale.

Cristian Naldi: Ciao. Dunque, è stato accolto meglio di quello che credessi. La cosa mi ha sinceramente sorpreso, non perché non sia convinto del mio lavoro (ne sono anzi molto soddisfatto), ma perché ho notato che piace a persone che in teoria non sono molto avvezze a certi sound, e questo disco, a livello di suono, è piuttosto duretto da assimilare.

Tu vieni da un’esperienza breve ma importante come quella con i FULkΔNELLI (Paolo Mongardi è alla batteria). Perché hai deciso di affrontare un lavoro da solista?

Perché in fondo credo che ogni musicista dovrebbe, oltre agli impegni con band e progetti vari, affrontare un discorso di questo tipo. Di motivazioni se ne potrebbero dare a migliaia, ma penso soprattutto sia molto importante trovare, ed eventualmente condividere, la propria voce, indipendentemente dalla vendibilità e dal bacino d’utenza.

Spulciando sul web ho letto che ti sei laureato con una tesi su Derek Bailey al conservatorio di Ferrara. È vero? Questo rafforza la mia opinione sul fatto che se vuoi fare un bel lavoro devi studiare, insomma la preparazione è fondamentale. Esagero?

Sì, ho fatto una tesi su Bailey, più nello specifico sul rapporto tra Accademia e Improvvisazione. Il disco suo che ho preso in esame, Pieces For Guitar (Tzadik), bellissimo secondo me, è un esempio perfetto di come si possano far convivere due cose così apparentemente lontane. Nel mio caso la preparazione accademica è servita, ma non credo sia fondamentale, anzi, a volte è esattamente il contrario: c’è un forte rischio di cadere nelle regole, e molta gente, seppur bravissima col proprio strumento, si trova in difficoltà se messa di fronte a troppa libertà, o ad un foglio bianco.

Ti nomino un po’ di chitarristi che secondo me possono venire accostati alla tua musica, fatte le dovute differenze: Bill Horist, Stefano Pilia, Oren Ambarchi, Stephen O’Malley. Con quali di questi senti di avere maggiore affinità?

Tutti quelli che hai nominato li rispetto e li apprezzo, e apprezzo anche il fatto di essere accostato a loro. Nonostante ciò non sento grosse affinità con nessuno in particolare. Nel senso che ognuno ha la propria storia, i propri gusti… e mi risulta davvero impossibile scegliere quello che “mi somiglia” o a cui somiglio di più.

Più riascolto il disco e più ho la sensazione che le due composizioni debbano venire accompagnate da delle immagini. Eri partito pure tu da questa idea, oppure i pezzi possono tranquillamente “camminare da soli”?

I pezzi possono pure camminare, hanno camminato, e credo continueranno a farlo anche da soli (mi riferisco in particolare alla questione del live). Però dove possibile accompagno alla musica delle immagini che ho preso e rimontato da vecchi film di inizio Novecento di Segundo De Chomón, regista spagnolo fra i primi a usare gli effetti speciali, e il risultato mi soddisfa.

Naldi

Perché hai scelto Giuseppe Ielasi per il mastering? Io ho avuto il piacere di assistere ad un paio di sue esibizioni ed ho apprezzato la cura con la quale si approccia al suono. Che tipo di chitarre hai usato e come le hai registrate?

Ho scelto Ielasi proprio per la cura (come hai detto tu) con cui lavora, e ha fatto il master esattamente come lo volevo. Per “Composto” ho usato una Gibson 335 con accordatura standard, per “Decomposto” invece una Stratocaster accordata in Do minore aperto (c-g-c-g-c-eb).

So che stai suonando un po’ in giro per promuovere il disco. Come sta andando?

Sta andando bene, come dicevo mi sorprende anche un certo tipo di curiosità inaspettata. Per ora l’ho portato in giro a Imola, Ravenna, Fermo, Roma, Napoli e Milano, sono stato ospite della bolognese Radio Città Del Capo e a fine dicembre lo porterò al Muviments Festival a Itri (LT). E poi nell’anno nuovo, spero, anche in altri posti.

Dimmi cosa ascolti in questo periodo e consigliami qualche musicista che devo assolutamente tenere d’occhio secondo te (italiano o estero è lo stesso).

Queste domande mi mettono sempre un po’ in imbarazzo, perché in realtà non sono così aggiornato a livello di ascolti. Sono molto appassionato di classica e se vuoi qualche cosa te lo potrei consigliare, ma non credo tu ti riferisca a quel mondo. Però in effetti pensandoci un artista che ultimamente mi ha colpito c’è: è (credo) belga e si chiama Kreng, me l’ha passato l’amico/collega Giovanni Lami (con cui ho iniziato da poco un progetto), ed è molto interessante.

È vero che farai parte della nuova line up dei Ronin?

Sì è vero, è una cosa fresca fresca e non so dirti molto di più per il momento. Posso solo dire che ne sono davvero contento, vedremo.

Naldi