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CLOVER, Raika

Clover

Non tutti i quadrifogli portano fortuna. Questo, che si auto-definisce come “selvatic core”, preferisce dedicare una mezz’ora scarsa del proprio tempo a dimostrare come il tipico spirito hardcore si possa incarnare anche in una formazione ridotta all’osso, ma senza perdere pezzi per strada. Solo una chitarra, perennemente distorta, una batteria e un paio di voci ruvide e grezze, catturate da una registrazione lo-fi e cruda al punto giusto, che rende giustizia alla spontaneità del duo.

Le canzoni, brevi e dirette, sembrano estratte a forza dagli episodi più memorabili del d-beat degli anni Ottanta: dure, senza fronzoli e senza alcuno spazio riservato a tecnicismi o abbellimenti. C’è anche spazio per una certa dose di autoironia, come nell’esordio di “Backook”, che cita e storpia “N.I.B” dei Black Sabbath o nelle voci sarcasticamente sornione di “Tesghe” o “Jasprin”.

Un disco breve, intenso e che, pur non ricercando nella maniera più assoluta la perfezione o il lavoro rifinito e levigato, riesce a convogliare in maniera genuina e spontanea l’energia del duo, tra un riff in palm mute, un ritornello urlato e uno stop-and-go. Un po’ di nostalgia per i tempi che furono, ma anche tanta passione nel riproporre qualcosa di divertente e suonato alla vecchia maniera.