BLOOMING LÀTIGO, Esfinteres Y Faquires
Un fastidioso ronzio si aggira nelle nostre orecchie martoriate da questo Esfinteres Y Faquires, prima uscita in vinile del quartetto sivigliano sponsorizzata dalla romana Trips Und Träume. Alla batteria c’è pure un membro degli Orthodox, gruppo visto dal vivo circa tre anni fa, ma che non ci aveva convinti del tutto.
I Blooming Làtigo, invece, segnano un punto a loro favore, riuscendo a coniugare la cattiveria esecutiva tipica del metal più evoluto con lo sforzo di risultare un pelo più originali di altre realtà simili (non c’è traccia di chitarre, ma in compenso regnano indiscussi due batterie ed electronics). Spesso giocano con atmosfere ossianiche (“Onania”) e fanno capolino prove sulfuree degne dei mai dimenticati Burning Witch (l’apertura di “Natrix Maura”). Decise virate avvengono poi in “Albinos De La Mente” e nella febbrile “Harold Foster”, bagnate nell’oceano nero del più melmoso hardcore punk, neanche fossimo capitati nel vascello dei Cro-Mags.
I ragazzi dimostrano di avere della stoffa, ma sono coscienti di percorrere una strada che può condurli in un vicolo cieco. Non senza una dose di sfacciataggine, però, riescono lo stesso a non sembrare troppo derivativi (la teatralità estrosa di “Istorija Pries Istorija”, dove sembra di vedere il fantasma di Klaus Nomi innamorato del fisico statuario di Henry Rollins).
Apice del lavoro la finale “La Destrucciòn Del Aura”, ottundente messa nera che gioca su di un lato più affine al concetto di esoterismo, senza comunque dimenticare l’ipercinesi cara ai Blooming Làtigo, che a un tratto fanno detonare il tutto come dei musicisti più che navigati, distruggendo tutto quello che sta loro attorno, grazie alle potenti linee di basso e al cantato robotico di Xavier Castroviejo Fisher.
Un piccolo disco-monolito, dunque, che riesce a dimostrare come anche in campi ben circoscritti come questo l’eterogeneità possa venir fuori senza sembrare solo fine a se stessa. Più che promettenti.