ADAMENNON / ALTAJ, Split Lp [+ full album stream]
Un lato dello split per Adamennon, del quale già ci siamo occupati, uno per Altaj, cioè Francesco Vara, chitarrista dei Dio Cervo (non è una bestemmia, dal processo dovrei uscirne pulito) e attivo anche come Capretto (non nel senso che può svolgere quel ruolo in un presepe, ma che con questo nome propone una sorta di folk/drone). L’immaginario del disco è comune e vorrebbe essere a sfondo spirituale, legandosi a tradizioni di popoli asiatici (lo sguardo verso l’antico Oriente sembra proprio obbligatorio in campo ambient e post-industrial).
Adamennon accantona i goblinismi recenti e torna in qualche modo alle origini, cioè a un dark ambient spoglio, crudo: i due minuti di “Manvantara” sono caratterizzati da quello che sembra una specie di battito d’ali nel buio (molto inquietante), i quattordici centrali di “Niranyagharba” hanno per spina dorsale il suono lancinante di una chitarra (?) esteso all’infinito, abbinato al classico drone che draga il terreno circostante, mentre i cinque finali di “Pralaya” sono ipnotici e più aggressivi, con qualcuno che si diverte a fare il fantasma come Simonetti nel tema principale di “Suspiria” (ok, ci sono anche i Goblin).
Quasi senza soluzione di continuità, si passa ad Altaj: eccezionali le atmosfere di “Syngaaga”, una traccia sciamanica – con degli aspetti quasi rituali – che s’ingigantisce e ci ingloba; anche “Teletskoje” lascia pensare a qualcosa di religioso, come quando da piccoli entravamo in chiesa e sentivamo indecifrabili le litanie dei sacerdoti (non sapevamo che dicessero, ma quello per il nostro subconscio sarebbe diventato il suono del sacro). Davvero potente.
In sintesi, parliamo di un’uscita di genere per appassionati, che non rinegozia alcuna frontiera. Attenzione, però: quando si va sul primordiale, come in questo caso, gli italiani sembrano avere una marcia in più rispetto a tanti nomi esteri con più rassegna stampa a disposizione. Questo split ne è la prova.
Anche in questo caso, per un periodo di tempo limitato, l’A.D. di Boring Machines ci lascia mettere in ascolto tutto il disco.